Nonostante gli arresti dell'operazione Aemilia dello scorso gennaio «abbiamo appurato che fino a qualche giorno fa l'attività continuava. Dal carcere continuavano a gestire affari dando disposizioni all'esterno, facendo sì che l'attività economica delle aziende continuasse in modo fruttuoso». Lo ha detto in conferenza stampa il procuratore di Bologna, Roberto Alfonso, in merito alla seconda tranche dell'inchiesta 'Aemilia' che ha portato all'arresto di nove persone; 19 gli indagati a vario titolo. «C'era l'esigenza - ha aggiunto il procuratore - di interrompere anche in questo modo l'attività delittuosa che continuava nonostante le misure cautelari di gennaio». «Sto per lasciare l'ufficio (andrà a Milano a presiedere la Procura generale, ndr) - ha rivelato Alfonso - e faccio il massimo fino all'ultimo giorno. Siamo riusciti a dare un segnale importante. Abbiamo aperto la strada e tracciato un percorso. Spero venga proseguito sempre anche quando non ci sarò. Abbiamo tanti filoni ancora non completamente sviluppati e esauriti - ha aggiunto - Completata la prima parte più importante, l'ufficio si occupa dell'approfondimento di tanti
altri filoni». Nei prossimi «mesi assisteremo alla loro definizione con richieste e adozioni di misure cautelari a questo tipo di attività - ha detto -. Per molti anni si potrà approfondire il materiale investigativo che abbiamo e trovare ulteriori riscontri all'impianto complessivo che siamo riusciti a dare». Il primo punto sulla situazione delle infiltrazioni mafiose in Emilia Romagna, ha poi spiegato, lo «abbiamo fatto con la prima ordinanza del processo Aemilia. Quella di oggi è la riprova di quello che avevamo detto allora. Si tratta di aziende importanti in molti settori nevralgici dell'attività economica, altroché infiltrazione, era più di un'infiltrazione...».