A dirlo, scrive oggi Repubblica, è stato il procuratore di Crotone Giuseppe Capoccia in relazione all’indagine, al momento contro ignoti, aperta per accertare eventuali lacune nella catena dei soccorsi, in occasione del naufragio del caicco carico di migranti avvenuto il 26 febbraio scorso ad un centinaio di metri dalla costa a Steccato di Cutro.
Secondo quanto scritto dal giornale «i magistrati di Crotone si accingono a formulare ipotesi di reato per individuare responsabilità nella catena di comando che la notte del 25 febbraio ritenne di non intervenire in soccorso del caicco avvistato da Frontex» e che intanto «i familiari delle vittime chiedono alla Corte europea dei diritti dell'uomo di condannare l'Italia».
L’incidente ha provocato 94 vittime accertate mentre i superstiti sono stati 79 ed una decina dovrebbero essere ancora i dispersi. Le parole di Capoccia, scrive il giornale, «lasciano intendere che dalle relazioni di servizio di Guardia costiera, Guardia di finanza e carabinieri di quella notte, nella documentazione di Frontex e dalle dichiarazioni dei testimoni sono emersi elementi per consentire l’accertamento di responsabilità per i soccorsi mai avviati a mare e ritardati a terra».
L’indagine mira ad accertare come si svolsero, sul fronte dei soccorsi, gli interventi messi in atto dopo l’avvistamento del barcone da parte di un aereo Frontex la sera prima della tragedia e perché non fu dichiarato un evento Sar di ricerca e soccorso, trattando invece l’avvistamento come un’operazione di polizia. Intanto, i legali di alcuni familiari delle vittime, scrive ancora Repubblica, hanno deciso di rivolgersi alla Corte europea dei diritti dell’uomo per chiedere la condanna del governo italiano. (Ansa)