Secondo quanto contestato dal sostituto procuratore della Dda di Catanzaro Pasquale Mandolfino, Esposito avrebbe commesso l'omicidio di Vatalaro insieme ad un complice, Francesco Papaleo, ucciso a sua volta in un agguato mafioso nel 1994.
Esposito e Papaleo, per uccidere Vatalaro, si travestirono da poliziotti e istituirono un falso posto di blocco nel rione "Fondo Gesù" di Crotone. In tal modo, utilizzando anche una falsa paletta in dotazione alla polizia, bloccarono l'auto sulla quale Vatalaro viaggiava insieme alla moglie, lo fecero scendere dalla vettura con la scusa di doverlo sottoporre a controllo e lo uccisero con alcuni colpi d'arma da fuoco.
L'omicidio, secondo quanto afferma il Gip distrettuale nell'ordinanza di custodia cautelare, fu commesso da Esposito su mandato della cosca di 'ndrangheta Arena-Nicoscia, contrapposta a quella dei Vrenna, della quale avrebbe fatto parte la vittima.
Il delitto venne commesso, secondo quanto ricostruito dai magistrati, per vendicare la morte di Vittorio Cazzato, avvenuta a ferragosto del 1990. Cazzato, che all'epoca aveva appena 19 anni, era figlio di Egidio Cazzato che, a sua volta, è cognato di Esposito.
L'inchiesta che ha portato all'emissione del provvedimento restrittivo a carico di Esposito si è avvalsa delle dichiarazioni di tre collaboratori di giustizia, Vittorio Foschini, Giuseppe Vrenna e Luigi Bonaventura.