Il processo prende il nome dall'omonima operazione di polizia scattata a fine giugno del 2019 e che ha fatto luce sulle infiltrazioni della cosca Grande Aracri a Brescello già sciolto per condizionamenti mafiosi nel 2016. Nell'ambito del proceidmento, l'avvocato Piccolo difende una serie di imputati tra cui Francesco Grande Aracri.
Secondo quanto riportato dal quotidiano on line, durante l'ultima udienza, gli animi tra i due protagonisti della vicenda si sono «scaldati velocemente in udienza quando l’avvocato Piccolo interrompe spesso Valerio che si spazientisce e cominciano a volare gli insulti». Offese, frasi intimidatorie, «fino a mettere in discussione - sottolinea il quotidiano - la riservatezza necessaria a tutelare l’incolumità di un pentito».
Il collaboratore di giustizia Valerio, stanco dell'atteggiamento del legale di origini crotonesi, ha così sbottato: «Facciamo una cosa, parliamo uno scemo alla volta, sennò ca’ u ne capiscimu!». Pronta la replica dell'avvocato Piccolo: «Lei ha ucciso delle persone, non le ho uccise io. Lei è un omicida!».
Il collaboratore di giustizia non ci sta e ha subito replicato: «Le sto pagando. Lei è stato in galera uguale a me, che siamo ex colleghi. Non che io sia un avvocato…».
È stato a questo punto dell'udienza che l'avvocato Piccolo ha perso le staffe, rivolgendosi al collaboratore di giustizia, gli ha esclamato: «Ma sei un finocchio, sei».
Quindi Valerio, si è rivolto a un altro imputato con ogni evidenza difeso da Piccolo, e gli ha suggerito ironicamente: «Cambia avvocato che ti conviene».
L'avvocato Piccolo ha quindi rincarato la dose: «Pezzo di caramella, che vuoi?».
Lo scontro sarebbe andato più a fondo se il presidente del Collegio, Donatella Bove, non avesse subito minacciando di sospendere l’udienza: «Sta veramente degenerando la situazione: silenzio a entrambi».
L'udienza è quindi ripresa con l’avvocato Piccolo impegnato a interrogare Antonio Valerio con domande sempre più pertinenti circa la sua condizione di collaboratore di giustizia: «Senta, lei è pagato dallo Stato? Quanto prende?». Valerio: «Sì, 328 euro». Quindi l'avvocato Piccolo ha continuato a incalzarlo: «Senta, lei oggi come si chiama? Ha cambiato cognome?».
Gelo in aula, col pubblico ministero che ha presentato immediatamente la sua opposizione alla domanda dell'avvocato. Quindi l'intervento del giudice Bove: «C’è un programma di protezione, è un collaboratore. La domanda non è ammessa».
Non pago di ciò, l’avvocato Piccolo ha quindi aggravato maggiormente la sua dichiarazione: «Non sappiamo come si chiama oggi (Valerio, ndr). Io penso però di saperlo…». Dichiarazione, questa, che ha fatto ovviamente allertare il pubblico ministero perché la nuova identità di Valerio nella vita privata è segreta: «Cosa significa che pensa di saperlo? Perché io non lo so!», ha ribadito il pm. Anche la giudice Bove, a questo punto dello scambio verbale, ha chiesto chiarimenti all'indirzzo di Piccolo: «Lei ha detto: penso di saperlo. Perché?».
Per nulla intimorito l’avvocato crotonese allora ha replicato: «No, nella mia idea… io immagino, immagino, immagino. Ho fatto un sogno e mi sono dato una… (risposta, ndr)».
Contestuale è dunque arrivato il commento finale del collaboratore di giustizia Antonio Valerio: «Minchia, che sicurezza che abbiamo qua! Allora, io sono terrorizzato. Mi viene la pelle d’oca, perché è chiaro i messaggi che mi state mandando. Benissimo, ottimo. Penso a mia figlia minorenne, e sono terrorizzato».