REGGIO EMILIA - Sono in corso accertamenti su sette pagine, contenute in un cartello giallo con scritto in rosso "Appello a tutto il popolo italiano", affisso lo scorso 26 marzo a Reggio Emilia. Le sette pagine contengono frasi contro il processo 'Aemilia', il cui dibattimento si è aperto lo scorso 30 marzo a Reggio Emilia. Le pagine sono state individuate su una bacheca poco distante dal tribunale di Reggio Emilia, sede del procedimento contro la criminalità organizzata.
Sui fogli a quadretti, riempiti in un italiano stentato e sgrammaticato, ci sono riferimenti di vario tipo: dalla 'ndrangheta, al terrorismo islamico. Sostanzialmente si dice che i reggiani vogliono mandare via i calabresi perché adesso hanno stretto un patto con gli islamici. Si fanno anche riferimenti al dirigente del carcere di Reggio Emilia, alcuni avvocati, assistenti sociali e un parroco. Oltre al popolo italiano, su di esso si fa «appello a tutti i cutresi e tutti i calabresi». A conclusione delle sette pagine c'è un'immagine di Cristo con scritto 'Onore al nostro credo'.
«Ci sono 250 cutresi - è scritto in un foglio - che sono accusati appartenenti alla 'ndrangheta Su questi 250 imputati ci possono essere dai 20 ai 30 appartenenti alla 'ndrangheta che io stesso chiamo feccia». Poi anche i tributi a boss come Giuseppe Piromalli, Antonio Macrì, Tano Badalamenti. Il cartello è stato sequestrato dai Carabinieri per accertamenti. Informata la Procura Distrettuale Antimafia.
BOLOGNA - La 'Ndrangheta tentò un patto con la politica a Reggio Emilia. L'ipotesi della Dda di Bologna che ha individuato nel consigliere comunale di Fi Giuseppe Pagliani, coinvolto nell'inchiesta 'Aemilia', un referente dei calabresi, trova riscontri nelle parole di Giuseppe Giglio (foto), imprenditore imputato e collaboratore di giustizia da poco più di un mese. Giglio, ritenuto uno degli organizzatori dell'associazione 'ndranghetistica emiliana, in uno dei primi colloqui da pentito racconta delle riunioni del 2012, di cui fu informato da Alfonso Diletto, per i Pm uno dei capi. Diletto gli disse: «Guarda - ricosruisce Giglio, in un verbale a disposizione delle parti che l'Ansa ha potuto visionare - non è solo per l'interdittiva che ci hanno dato, ma abbiamo la possibilità perché abbiamo fatto un patto con il politico Pagliani che ci darà del lavoro. In cambio noi gli dobbiamo trovare dei voti e finanziamenti. Questo - spiega Giglio - era tutto, l'accordo e il patto politico, diciamo, che c'è stato».
REGGIO EMILIA - Si è conclusa alle 13.30 di oggi la prima udienza per il processo Aemilia, nell'aula speciale costruita a tempo di record nel cortile del tribunale di Reggio Emilia. Imponenti le misure di sciurezza. Il Tribunale, infatti, è stato dichiarato dal ministero sito sensibile e sarà per questo motivo sorvegliato 24 ore su 24 dall'Esercito. Le procedure di accesso dai due metal detector non hanno comportato particolari problemi.
Gli avvocati difensori si sono presentati con un nastro bianco attaccato alla toga, su iniziativa della Camera penale reggiana, per sottolineare il diritto di difesa degli imputati. Presente il presidente della Regione Stefano Bonaccini e diversi sindaci emiliani dei Comuni che si sono costituiti parte civile. L'inizio dell'udienza era fissato per le 9,30, ma la corte - composta da Francesco Maria Caruso, Cristina Beretti e Andrea Rat - ha fatto il suo ingresso solo alle 10,30.
La prossima udienza è stata fissata al 20 aprile, a seguire un fitto calendario contestato da alcuni avvocati. Lunghissimo l'appello degli imputati presenti, si è passati alle costituzioni di parte civile: istituzioni, enti economici, associazioni di categoria, sindacati.
Quello celebrato oggi è il rito ordinario scelto da 147 imputati di cui 34 accusati di associazione mafiosa. Altri 70 altri imputati del processo Aemilia avevano invece scelto il rito abbreviato, che si sta ancora celebrando a Bologna. In quel caso, entro aprile, dovrebbe arrivare la sentenza di primo grado
REGGIO EMILIA - Comincerà domani mattina alle 9.30, ma le procedure di identificazione inizieranno già dalle 8.15, il dibattimento del processo di 'Ndrangheta Aemilia, che si terrà al tribunale di Reggio Emilia. Ieri gli operai hanno lavorato fino a tardi per riuscire a ultimare l'aula speciale dove si svolgerà il dibattimento. Sono 147 gli imputati che hanno scelto di essere processati con rito ordinario, 34 accusati di associazione mafiosa.
Intanto in mattinata si è tenuta una riunione in Prefettura per fare il punto sulle misure di sicurezza necessarie. Il tribunale è stato dichiarato dal ministero sito sensibile e sarà sorvegliato 24 ore su 24 dall'Esercito. All'interno saranno presenti trenta carabinieri, altrettanti poliziotti presidieranno l'esterno. Per ingresso e identificazione verranno impiegati anche tre uomini della Forestale e due della Polizia provinciale, oltre a dieci guardie giurate ai metal detector. Domani è previsto l'appello delle parti e la calendarizzazione delle prossime udienze.
BOLOGNA - Stando a indiscrezioni i primi verbali depositati spaziano dalla politica all'imprenditoria: Giuseppe Giglio si e' pentito [LEGGI ARTICOLO]. Il 'ministro delle Infrastrutture' dei clan di Cutro tra la Calabria e l'Emilia Romagna ha iniziato a parlare con i magistrati, impegnandosi a dire tutto quanto è a sua conoscenza sul mondo criminale, relazionale e imprenditoriale del clan Grande Aracri. A processo nel procedimento Aemilia per oltre dieci capi di imputazione, Giglio per i magistrati ha gestito almeno una dozzina di societa' e imprese, conosce a menadito il mondo degli appalti pubblici e privati, sa come per anni siano state spartite commesse e forniture. E lo sta raccontando ai magistrati. Stando a indiscrezioni i primi verbali depositati spaziano dalla politica all'imprenditoria, dagli appalti agli affari. E adesso in tanti iniziano a tremare. Giglio, nel frattempo, sarebbe stato trasferito in un carcere sconosciuto (prima era rinchiuso al 41 bis) e intorno alla sua abitazione di Montecchio, negli ultimi giorni, pare si siano intensificate delle verifiche da prte dei carabinieri a tutela di suoi famigliari.
Lo chiamavano anche "il bancomat"...
Quale fosse il peso e il ruolo del "ministro delli Infrastrutture" lo si può ricostruire nell’ordinanza firmata dal gip. «La sua figura - è scritto - apre la galleria degli imprenditori la cui parabola personale e professionale segna il passaggio da una condizione originaria di assoggettamento ad una consapevole e volontaria coniteressenza ai fini di espansione economica dei clan di riferimento. L'impiego del plurale non è casuale, dal momento che la figura di Giglio, come si avrà puntualmente modo di notare, si caratterizza altresì per la particolare accortezza della sua azione, attenta a non compromettere il delicato equilibrio tra interesse personale (in ogni caso è anche un self made man) e quelli dei clan per i quali e con i quali opera stabilmente». Di Giuseppe Giglio avevano inoltre ampiamente parlato anche altri collaboratori di giustizia un tempo elementi di spicco della 'ndrangheta crotonese: da Luigi Bonaventura a Pino Vrenna, da Angelo Cortese a Vincenzo Marino. Proprio quest'ultimo ha riferito di come Giglio sarebbe stato abile nel tempo a reinvestire i soldi dei clan Grande Aracri di Cutro e Arena di Isola Capo Rizzuto, facendoli moltiplicare. «Era partito da Capocolonna con una Fiat Uno - avrebbe raccontato il pentito ai magistrati - e se n'è tornato da Reggio Emilia con una Ferrari». Stando alle dichiarazioni del pentito Giglio era considerato dalle cosche "il bancomat", proprio per la sua capacità di garantire liquidi agli esponenti delle varie famiglie. Lo scorso 15 gennario, in esecuzione a un decreto di sequestro preventivo emesso dal gip del Tribunale di Bologna su richiesta della locale Direzione distrettuale antimafia avevano apposto i gilli all'omonimo agriturismo di Pino Giglio situato in località Capocolonna [LEGGI ARTICOLO].
BOLOGNA - Giuseppe 'Pino' Giglio, di 48 anni, uno dei principali imputati del processo di 'Ndrangheta 'Aemilia', ritenuto dalla Dda di Bologna un 'organizzatore' dell'attività di associazione, potrebbe decidere di mettersi a disposizione degli inquirenti per collaborare. Nei confronti dell'imprenditore, che risiede a Montecchio Emilia e che da oltre un anno è al 41 bis, è stato attivato un dispositivo di protezione di alto livello. A darne notizia sono le pagine bolognesi di Repubblica e la Gazzetta di Reggio. Nella requisitoria del processo in rito abbreviato in corso i Pm Beatrice Ronchi e Marco Mescolini hanno chiesto per Giglio 20 anni, contestandogli 30 capi di imputazione. Secondo quanto si apprende i suoi familiari non avrebbero intenzione di accettare il programma di protezione. "La Procura non ha niente da dire", ha risposto il procuratore aggiunto di Bologna Valter Giovannini, delegato ai rapporti con la stampa, interpellato sulla notizia.
La difesa rinuncia.
I difensori di Giuseppe Giglio, l'imputato del processo Aemilia che avrebbe deciso di collaborare con gli inquirenti, hanno formalizzato la rinuncia al mandato. "Non ci sono più le condizioni perché io lo possa assistere", ha detto l'avvocato Fausto Bruzzese, che lo difendeva insieme al collega Filippo Giunchedi. "Ho anche altre posizioni in questo processo e si creerebbe una situazione di incompatibilità", ha spiegato il legale. La requisitoria della difesa era programmata nelle prossime udienze del rito abbreviato. Già domani Giglio dovrebbe essere rappresentato in aula da un avvocato di ufficio.