BOLOGNA - Tre ordinanze di custodia cautelare in carcere, chieste dalla Dda di Bologna e disposte dal Gip Alberto Ziroldi, sono state eseguite dai carabinieri nell'ambito delle indagini 'Aemilia'. Si tratta degli esiti di un supplemento investigativo sul versante patrimoniale, scattato dopo i 117 arresti di gennaio. La misura è stata eseguita nei confronti di Michele Bolognino, ritenuto uno dei capi dell'associazione di 'Ndrangheta e dei fratelli imprenditori di Modena Palmo e Giuseppe Vertinelli. Le misure sono state eseguite da 100 carabinieri del comando provinciale di Modena e del Ros, supportati dal comando provinciale di Reggio Emilia, contestualmente ad un sequestro di beni per oltre 35 milioni di euro: 9 beni immobili, 16 autoveicoli e 21 tra rapporti bancari e finanziari, 16 società di capitali. L'operazione è stata condotta nelle province di Reggio Emilia, Parma, Aosta, Bologna e Crotone. I provvedimenti nascono dall'indagine sull'infiltrazione della 'Ndrangheta in Emilia, coordinata dai Pm Marco Mescolini e Beatrice Ronchi, nell'ambito della quale a fine gennaio erano scattati 117 arresti e che è stata chiusa nei giorni scorsi con 219 richieste di rinvio a giudizio: si tratta di un seguito 'cautelare', su imputazioni già contestate. Gli approfondimenti hanno confermato l'ingerenza nella gestione e controllo di attività imprenditoriali, formalmente intestate a prestanome, nonché l'accumulo illecito di significativi patrimoni personali. E' emersa una gestione occulta di imprese, in parte già sottoposte a sequestro nell'ambito di precedenti provvedimenti, eseguiti con l'operazione Aemilia bis di luglio, che aveva portato ad altri nove arresti: il sequestro delle società del gruppo Save di Giovanni Vecchi e Patrizia Patricelli, riconducibili ad Alfonso Diletto, e sequestro della Dueaenne S.A.S. di Bruna Braga, moglie di Augusto Bianchini. Ai fratelli Vertinelli, destinatari di ordinanza di custodia cautelare a gennaio e poi scarcerati, e a Bolognino le indagini hanno ricondotto una serie di imprese attive nel settore dell'edilizia, come il Consorzio Stabile Gecoval di Aosta, la S.I.C.E. Srl., l'Impresa Vertineli Srl., l'Edilizia Costruzioni Generali Srl., di Montecchio Emilia, la Top Service Srl. di Parma e la Opera Srl. di Crotone. Sono state poi trovati riscontri sulla riconducibilità agli indagati delle società (pertanto sottoposte a sequestro) Touch Srl. di Crotone, (autotrasporti), la Tangenziale Nord Est Sas., la Mille Fiori Service Srl. e la Achilli & Schianchi Snc., con sede a Montecchio Emilia e attive nel settore della ristorazione e bar.
L'obiettivo dei Pm della Dda di Bologna è riunire, in udienza preliminare, i due filoni di Aemilia, l'inchiesta contro la 'Ndrangheta in Emilia. Per quello principale, che a fine gennaio aveva visto scattare 117 arresti, sono state firmate da poco 219 richieste di rinvio a giudizio. Rispetto agli avvisi di fine indagine, 224, cinque posizioni sono state stralciate per motivi tecnici di notifiche: tra queste c'è quella dell'imprenditore Giuseppe Giglio, accusato di essere uno degli organizzatori dell'associazione di tipo mafioso contestata a 54 persone. Nelle scorse settimane, poi, anche la seconda tranche dell'indagine è stata chiusa, con avvisi a 23 persone, tra cui Nicolino Grande Aracri, ritenuto un boss della 'Ndrangheta e Alfonso Diletto, considerato un elemento chiave nella gestione degli affari. Il troncone bis si è concentrato infatti sull' aspetto economico e, in particolare, sulle intestazioni fittizie delle società per evitare di ricondurre la proprietà a componenti della cosca, oltre alle false fatturazioni. Anche per questa parte è presumibile che i Pm Marco Mescolini e Beatrice Ronchi formulino a breve le richieste di rinvio a giudizio, in modo da poterla riunire nella maxi-udienza preliminare prevista per ottobre.
Sono state firmate dai Pm della Dda di Bologna le richieste di rinvio a giudizio per l'inchiesta 'Aemilia' contro la 'Ndrangheta. Le persone per cui è stato chiesto il processo sono 219. Rispetto agli avvisi di fine indagini di giugno sono state stralciate cinque posizioni, per un vizio di notifica e si pensa di poterle ricongiungere alle altre nell'udienza preliminare. L'udienza dovrà poi essere fissata dal Gup e quasi certamente si terrà a Bologna, in un padiglione della fiera. Le richieste sono firmate dai Pm Marco Mescolini, Beatrice Ronchi e Enrico Cieri, con il visto del procuratore aggiunto reggente, coordinatore della Dda, Massimiliano Serpi. Nell'atto inoltrato all'ufficio Gip non ci sarebbero modifiche sostanziali rispetto all'impostazione degli avvisi di fine indagine inviati a fine giugno. L'inchiesta, che a gennaio aveva portato a 117 misure di custodia cautelare e aveva rappresentato il più importante colpo alla criminalità organizzata in Emilia-Romagna, aveva contestato a 54 persone l'associazione a delinquere di tipo mafioso. Si trattava di un sodalizio ritenuto legato alla Cosca Grande Aracri di Cutro (Crotone) operante dal 2004 e tuttora permanente, con epicentro a Reggio Emilia. E finalizzato ad acquisire direttamente o indirettamente la gestione e il controllo di attività economiche, anche nei lavori per il sisma del 2012, oltre che ad acquisire appalti pubblici e privati, ostacolare il libero esercizio del voto nel caso di elezioni dal 2007 al 2012 nelle province di Parma e Reggio Emilia. I capi erano individuati in Nicolino Sarcone, Michele Bolognino, Alfonso Diletto, Francesco Lamanna, Antonio Gualtieri e Romolo Villirillo. Dell'associazione fanno parte, tra gli altri, come organizzatori, l'imprenditore Giuseppe Giglio, Gaetano Blasco e Antonio Valerio, questi ultimi intercettati mentre ridevano dopo le scosse di terremoto. Tra i partecipanti al sodalizio, Giuseppe Iaquinta, il padre dell'ex calciatore della Juventus e della nazionale Vincenzo, anche lui indagatoper reati di armi. Confermate erano state le accuse di concorso esterno all'associazione per il consigliere comunale di Forza Italia a Reggio Emilia Giuseppe Pagliani, l'ex assessore Pdl del Comune di Parma Giovanni Paolo Bernini, il costruttore Augusto Bianchini, la consulente fiscale bolognese Roberta Tattini, il giornalista Marco Gibertini. Tra i prossimi imputati anche Nicolino Grande Aracri, ritenuto un boss della 'Ndrangheta, che non risponde, però, di associazione mafiosa. Tra gli accusati anche esponenti delle forze dell'ordine. Dopo alcuni dubbi sulla possibilità di celebrare l'udienza preliminare a Bologna, per la mancanza di uno spazio adeguato a contenere circa 500 persone tra imputati e avvocati e allo stesso tempo garantire condizioni di sicurezza, sembra essere definitivamente decollata l'ipotesi di allestire l'aula bunker in un padiglione della Fiera. Il risultato è stato ottenuto grazie alla collaborazione tra il presidente del tribunale Francesco Scutellari, la Procura e l'impegno economico della Regione Emilia-Romagna.
La Procura distrettuale antimafia di Bologna ha inviato l'avviso di chiusura indagini per il secondo troncone dell'operazione Aemilia, quello che il 16 luglio aveva portato all'applicazione di nove misure cautelari, dopo i 117 arresti di fine gennaio che avevano colpito la 'Ndrangheta imprenditrice' e i suoi presunti legami politici ed economici sul territorio. L'avviso, firmato dal procuratore aggiunto Valter Giovannini e dal pm Beatrice Ronchi, è arrivato - riferiscono alcuni media - a 23 indagati. Si tratta del boss Nicolino Grande Aracri, Alfonso Diletto, ritenuto un elemento importante della cosca soprattutto per la gestione degli affari, la figlia Jessica Diletto, Michele, Domenico e Catiana Bolognino, poi l'imprenditore Giovanni Vecchio, il figlio Silvano, Patrizia e Alfonso Patricelli, oltre a Francesco e Vincenzo Salvatore Spagnolo, Bruno Milazzo, Francesco, Antonio Muto, Emanuela Morini, Ibrahim Ahmed Abdelgawad, Abdellatif El Fatachi, Mihai Vrabie, Antonio Petrone, Gennaro Gerace, Loris Tonelli, Gianluigi Sarcone. Il troncone bis dell'indagine si è concentrato sull'aspetto economico e, in particolare, sulle intestazioni fittizie delle società per evitare di ricondurre la proprietà a componenti della cosca, oltre alle false fatturazioni.
Nonostante gli arresti dell'operazione Aemilia dello scorso gennaio «abbiamo appurato che fino a qualche giorno fa l'attività continuava. Dal carcere continuavano a gestire affari dando disposizioni all'esterno, facendo sì che l'attività economica delle aziende continuasse in modo fruttuoso». Lo ha detto in conferenza stampa il procuratore di Bologna, Roberto Alfonso, in merito alla seconda tranche dell'inchiesta 'Aemilia' che ha portato all'arresto di nove persone; 19 gli indagati a vario titolo. «C'era l'esigenza - ha aggiunto il procuratore - di interrompere anche in questo modo l'attività delittuosa che continuava nonostante le misure cautelari di gennaio». «Sto per lasciare l'ufficio (andrà a Milano a presiedere la Procura generale, ndr) - ha rivelato Alfonso - e faccio il massimo fino all'ultimo giorno. Siamo riusciti a dare un segnale importante. Abbiamo aperto la strada e tracciato un percorso. Spero venga proseguito sempre anche quando non ci sarò. Abbiamo tanti filoni ancora non completamente sviluppati e esauriti - ha aggiunto - Completata la prima parte più importante, l'ufficio si occupa dell'approfondimento di tanti
altri filoni». Nei prossimi «mesi assisteremo alla loro definizione con richieste e adozioni di misure cautelari a questo tipo di attività - ha detto -. Per molti anni si potrà approfondire il materiale investigativo che abbiamo e trovare ulteriori riscontri all'impianto complessivo che siamo riusciti a dare». Il primo punto sulla situazione delle infiltrazioni mafiose in Emilia Romagna, ha poi spiegato, lo «abbiamo fatto con la prima ordinanza del processo Aemilia. Quella di oggi è la riprova di quello che avevamo detto allora. Si tratta di aziende importanti in molti settori nevralgici dell'attività economica, altroché infiltrazione, era più di un'infiltrazione...».
REGGIO EMILIA - Nuova tranche dell'operazione 'Aemilia' [LEGGI ARTICOLO]. I carabinieri stanno eseguendo in Emilia-Romagna e Lombardia misure di custodia cautelare emesse su richiesta della Dda di Bologna nei confronti di nove persone, di cui tre esponenti della 'Ndrangheta emiliana attiva tra Reggio Emilia, Parma, Piacenza e Modena e operante anche a Verona, Mantova e Cremona. E' in corso inoltre un sequestro di società, beni e attività commerciali nella disponibilità diretta della cosca, per oltre 330 milioni. Decine sono inoltre le perquisizioni in corso sul territorio nazionale, anche a carico di liberi professionisti. Tra gli arrestati, accusati di trasferimento fraudolento di valori e reimpiego in attività economiche di denaro, beni e altre utilità provento delle attività illecite della cosca, anche insospettabili prestanome. Al centro delle indagini, condotte dai carabinieri dei comandi provinciali di Modena e Parma, oltre che dal Ros di Roma, l'infiltrazione della 'Ndrangheta emiliana, articolazione della cosca 'Grande Aracri' di Cutro (Crotone), nel tessuto economico nazionale e locale, attraverso la costituzione di varie società di capitali.
Al centro della nuova indagine 9 società e vari prestanome.
La 'Ndrangheta emiliana, strutturalmente autonoma rispetto alla cosca cutrese di cui costituisce derivazione storica, aveva costituito società falsamente intestate a terzi, dove conferire ingenti somme di denaro e altre utilità derivanti dai reati fine del sodalizio, oltre a provviste illecite direttamente riconducibili al boss Nicolino Grande Aracri. E' questo lo sviluppo investigativo - in prosecuzione dell'inchiesta Aemilia che a gennaio aveva visto l'esecuzione di 117 arresti - che ha portato nella notte alla nuova operazione condotta in Emilia-Romagna, Lombardia, Calabria e Lazio da oltre 300 carabinieri dei comandi provinciali di Modena, Parma, Reggio Emilia e del Ros, supportati da elicotteri e unità cinofile. L'ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip del Tribunale di Bologna scaturisce dall'indagine coordinata dal procuratore capo Roberto Alfonso e dai pm Marco Mescolini e Beatrice Ronchi. La misura cautelare ha disposto anche il sequestro preventivo di nove società di capitali, alcune delle quali impegnate nella realizzazione di importanti contratti d'appalto all'estero, e di una discoteca. Gli investigatori ritengono che le condotte dei prestanome arrestati abbiano garantito alla cosca la continuità delle attività d'impresa anche dopo gli arresti eseguiti a gennaio.
Nuova misura cautelare anche per Nicolino Grande Aracri.
C'è anche Nicolino Grande Aracri, considerato il boss della 'ndrangheta attiva tra la Calabria e l'Emilia, tra i destinatari dell'ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal gip Alberto Ziroldi nell'ambito della nuova tranche di Aemilia. Oltre che per Grande Aracri, già detenuto per altre vicende, il carcere è stato disposto anche per Alfonso Diletto e Michele Bolognino, accusati di essere tra i capi dell'organizzazione sgominata dall'ondata di arresti di gennaio, e per Giovanni Vecchi; i domiciliari per Domenico Bolognino, Jessica Diletto, Francesco Spagnolo, Patrizia Patricelli e Ibrahim Ahmed Abdelgawad. Sono indagati a vario titolo e in concorso tra loro di trasferimento fraudolento di valori con l'aggravante di aver agito per agevolare l'attività dell'associazione mafiosa. Ad Alfonso Diletto, Vecchi e Patricelli è contestato pure l'impiego di denaro, beni o utilità di illecita provenienza, anche in questo caso aggravata.