Non solo affari, appalti, minacce e tanti soldi. L'associazione 'ndranghetista con 'epicentro' a Reggio Emilia, legata alla cosca Grande Aracri di Cutro, è riuscita a creare un sistema criminale solido e diffuso sul territorio grazie anche ad una nuova frontiera: la ricerca del consenso mediatico. Questa "storica" operazione antimafia per il nord Italia, Aemilia, condotta dalla Dda di Bologna, ha messo in luce infatti una nuova modalità per accreditarsi nell'opinione pubblica e garantirsi un'immagine 'presentabile', perché - come si legge in un'intercettazione - «è uno... è uno come si dice? E' un aggeggio che veramente dove tocca tocca taglia e fa male il giornalismo...». Il Gip Alberto Ziroldi lo spiega nella sua ordinanza, dove spuntano nomi di politici, imprenditori, forze dell'ordine e appunto giornalisti. «La ricerca del consenso mediatico, in palese controtendenza rispetto alle regole ferree della dissimulazione e dell'understatement mafioso - scrive il Gip - costituisce a buon diritto una delle nuove frontiere aperte dalla progressiva infiltrazione nel tessuto sociale», facendo credere all'opinione pubblica «che la partita si giochi tra uno Stato vessatore e onesti faticatori». Ci sono infatti diversi indagati che si sarebbero serviti dei mezzi di informazione, con interviste su quotidiani e in tv, attraverso l'aiuto del giornalista Marco Gibertini, arrestato per concorso esterno in associazione mafiosa. Gibertini è già stato interrogato e il suo legale, l'avvocato Liborio Catalliotti, ha annunciato di fare ricorso al Riesame sottolineando la non pericolosità, come già sostenuto dal Tribunale di Reggio Emilia per alcuni suoi recenti problemi con la giustizia. Il giorno dopo l'operazione antimafia che ha portato all'arresto di oltre 160 persone e il sequestro di 100 milioni, il procuratore di Bologna, Roberto Alfonso, è tornato sull'inchiesta e ha lanciato un messaggio alle istituzioni. L'operazione è «un punto fermo. La svolta è questa - ha detto - ora la mafia non è solo una relazione in un convegno, ma un provvedimento giudiziario. E' una cosa ben diversa. Possono leggerlo anche loro e capire quali sono le fragilità del sistema». Per il vicepresidente della Commissione antimafia, Claudio Fava, l'operazione Aemilia è «straordinaria e inquietante per il livello di compromissione che svela tra la 'Ndrangheta e circuiti insospettabili dell'economia, della politica, dell'informazione e delle istituzioni e preoccupa in particolare la permeabilità del sistema dell'informazione».
E' stato arrestato in Germania dalla polizia di Augsburg Gaetano Blasco, 52 anni, ritenuto uno degli organizzatori dell'associazione di tipo mafioso smantellata in Emilia e ieri irreperibile all'esecuzione della misura di custodia cautelare. Blasco è l'imprenditore intercettato mentre parla con Antonio Valerio, un altro indagato, nella telefonata in cui i due scherzano sul terremoto [LEGGI ARTICOLO], il 29 maggio 2012. I poliziotti tedeschi erano in contatto con i carabinieri. Blasco era nel suo ristorante, 'da Gaetano', e non ha opposto resistenza.
Dieci in carcere a Mantova, primi interrogatori del gip.
Intanto sono in carcere a Mantova dieci degli arrestati nell'ambito delle due operazioni contro la 'Ndrangheta condotte dalle procure di Bologna e di Brescia. Tutti sono stati fermati ieri sul territorio mantovano. Tocca ora al gip Gilberto Casari decidere, entro sabato, sulla richiesta di custodia cautelare in carcere per tutti richiesta dalla Procura. Oggi Casari ha interrogato due dei tre arrestati dalla Procura di Bologna, Pasquale Riillo, 39 anni di Viadana (Mantova), e Luigi Serio, 42 anni di Viadana che hanno fatto scena muta. Gli altri in carcere in stato di fermo dalla procura di Brescia saranno interrogati tra domani e sabato. Si tratta di Antonio Rocca, 45 anni di Borgo Virgilio (Mantova), che compare sia nell'inchiesta bolognese che in quella bresciana, Gaetano Belfiore, 23 anni di Brescello (Reggio Emilia), Rosario e Salvatore Grande Aracri rispettivamente di 59 e 28 anni entrambi di Brescello, Giuseppe Lo Prete, 60 anni di Borgo Virgilio, Antonio Muto, 53 anni di Curtatone (Mantova), Moreno Nicolis, 60 anni di Verona e Paolo Signifredi, 51 anni di Parma.
Sono stati tutti eseguiti i fermi disposti dalla Dda di Catanzaro nei confronti di altrettanti presunti affiliati o favoreggiatori della cosca Grande Aracri di Cutro. I provvedimenti sono stati eseguiti dai carabinieri dei Comandi provinciali di Crotone e Catanzaro ed uno dalla Dia. I fermi giungono a conclusione di un'indagine che è stata coordinata dai magistrati Giovanni Bombardieri, Vincenzo Capomolla, Domenico Guarascio e Salvatore Curcio. I fermati sono:
Il contenuto di alcune intercettazioni utilizzate tra le righe dell'inchiesta che sta scuotendo Emilia e Calabria.
Tra le carte dell'indagine 'Aemilia' contro la 'ndrangheta, c'è una cena a cui avrebbe partecipato Giuseppe Pagliani, consigliere comunale di Forza Italia a Reggio Emilia, raggiunto oggi da ordinanza di custodia in carcere.
In particolare una giornalista residente a Roma (non indagata) avrebbe fatto da tramite con gli ambienti della chiesa, con istituzioni massoniche e cavalierati vari, pure strettamente collegati con ambienti del Vaticano.