BOLOGNA - "Nell'indagine Aemilia si assiste alla rottura degli argini" da parte della criminalità calabrese in Emilia dove "la congrega è vista entrare in contatto con il ceto artigianale e imprenditoriale reggiano, secondo una strategia di infiltrazione che muove spesso dall'attività di recupero di crediti inesigibili per arrivare a vere e proprie attività predatorie di complessi produttivi fino a cercare punti di contatto e di rappresentanza mediatico-istituzionale". E' questo, secondo il Gup Francesca Zavaglia, il salto di qualità dell'inchiesta sulla 'Ndrangheta della Dda di Bologna. Lo si legge in uno dei passaggi chiave delle 1390 pagine della sentenza del processo concluso ad aprile con 58 condanne in abbreviato, 17 patteggiamenti, 12 assoluzioni e un proscioglimento per prescrizione. Dato caratterizzante è proprio "la fuoriuscita dai confini di una microsocietà calabrese insediata in Emilia, all'interno della quale si giocava quasi del tutto la partita, sia quanto agli oppressori che alle vittime".
BOLOGNA – Sette condanne, fino a sette anni e otto mesi per l'uomo ritenuto al vertice del gruppo. Ma pene più che dimezzate rispetto alle richieste dell'accusa e l'esclusione dell'aggravante dell'aver agito con finalità mafiosa. E' finito così in primo grado davanti al tribunale di Bologna, presieduto da Stefano Scati, il processo 'Zarina' a Michele Pugliese, alias 'La Papera', ritenuto dalla Dda uomo delle cosche di 'Ndrangheta Arena e Nicoscia di Isola di Capo Rizzuto: era imputato insieme ad altri, tra cui suoi familiari, per reimpiego di denaro di provenienza illecita e intestazione fittizia di beni. Oltre a Michele Pugliese, i giudici hanno condannato Giuseppe Ranieri a sei anni e dieci mesi, Mirco Pugliese a tre anni e due mesi, Doriana Pugliese a tre anni e quattro mesi, Caterina Tipaldi e tre anni e due mesi, Vittoria Pugliese a un anno e quattro mesi, Carmela Faustini a due anni. Assolta Mery Pugliese.
Il processo "Zarina" è nato dall’omonima operazione che, nell'aprile 2014, portò a 13 arresti per riciclaggio di beni delle cosche operanti affari in Emilia, soprattutto nel Reggiano e nel Mantovano, attraverso società intestate a prestanome attive nell’autotrasporto e nel movimento terra. La sentenza era attesa a settembre. Le cosche di Isola Capo Rizzuto sono state ritenute legate nel tempo, alternativamente, ai clan Grande Aracri e Dragone di Cutro. Erano stati giudicati con rito abbreviato nel marzo 2015 gli altri soggetti coinvolti nel processo. La condanna più rilevante fu per il 50enne Vito Muto (5 anni e 2 mesi di reclusione); alla moglie di Muto, Anna La Face, di 46 anni andò meglio con 2 anni di carcere ma con la sospensione condizionale della pena; il 38enne Federico Periti venne condannato a 4 anni di reclusione; 4 anni di carcere furono comminati anche per il 41enne Diego Tarantino; infine, 2 anni di cella vennero decretati per il 27enne Salvatore Mungo.
BOLOGNA - Nuovo sequestro patrimoniale ad una persona ritenuta legata al clan di 'ndrangheta 'Grande Aracri' a Reggio Emilia. L'ha eseguito la Polizia di Stato, insieme ad ufficiali giudiziari del tribunale, nei confronti di Roberto Turrà, 42 anni, originario di Cutro e residente in Emilia da anni. Coinvolto nel processo 'Aemilia', è detenuto in seguito ad una condanna a nove anni e sei mesi in primo grado. Il sequestro, d'intesa con la Direzione distrettuale antimafia di Bologna, è stato proposto dal Questore di Reggio Emilia a conclusione degli accertamenti patrimoniali, in considerazione di una sproporzione tra i beni di proprietà e i redditi, quasi inconsistenti, dichiarati. Il provvedimento di sequestro anticipato riguarda un appartamento, un garage e altri beni mobili di pregio, per un totale di circa 180mla euro.
BOLOGNA - Continuavano a incassare affitti a Montecchio Emilia dagli inquilini di un palazzo posto sotto sequestro e somme di denaro sottratte all'amministrazione giudiziaria. E' l'accusa che la Dda di Bologna, con i pm Marco Mescolini e Beatrice Ronchi, ha mosso ai parenti di due imputati nel processo di 'Ndrangheta 'Aemilia', Palmo e Giuseppe Vertinelli, imprenditori del Reggiano di origine calabrese, entrambi detenuti. Nei confronti di Antonio Vertinelli, 31 anni, figlio di Giuseppe, il gip Alberto Ziroldi ha disposto i domiciliari, misura eseguita dai Carabinieri del Ros di Roma e del comando provinciale di Reggio Emilia. Indagati e perquisiti anche un fratello e un cugino dell'arrestato. Si tratta di una delle prime applicazioni di un articolo del codice antimafia, posto a tutela dell'amministrazione giudiziaria: lo sviluppo investigativo nasce dalla segnalazione della sottrazione di beni da parte proprio dell'amministratore giudiziario. I carabinieri hanno eseguito inoltre 2 decreti di perquisizione con contestuale notifica di informazione di garanzia emessi a carico di altri due giovani, un 30enne a Montecchio Emilia e un 26enne che abita a Crotone, entrambi figli di Palmo Vertinelli (53 anni), anch'egli detenuto per associazione mafiosa nell’ambito del procedimento Aemilia.
Sono stati oltre 300 gli anni in totale inflitti con l’abbreviato (prevede un terzo di sconto della pena), per il processo Aemilia, il terremoto giudiziario che il 28 gennaio 2015 portò all’arresto di 117 persone tra politici, giornalisti e imprenditori reggiani, accusati a vario titolo di aver avuto contatti o di aver preso parte alla cosca ’ndranghetistica che faceva riferimento al boss di Cutro Nicolino Grande Aracri.
Le singole condanne sono arrivate fino a 15 anni. Si è concluso così ieri a Bologna il processo in rito abbreviato di 'Aemilia': 71 imputati tra cui quasi tutti i punti di riferimento della 'ndrangheta emiliana legata alla cosca Grande Aracri, nel mirino della Dda di Bologna. Il Gup Francesca Zavaglia ha letto la sentenza dopo 7 ore di camera di consiglio nell'aula a porte chiuse. Abbassate in generale le richieste dei Pm. Assolto il consigliere comunale Fi a Reggio Emilia Giuseppe Pagliani, prosciolto l'ex assessore Pdl di Parma Giovanni Paolo Bernini.
Tra le condanne spiccano queste quelle di Alfonso Diletto a 14 anni; di Pino Giglio (il pentito che ha iniziato a collaborare alcune settimane fa) a 12 anni; 12 anni anche per Francesco Lamanna; altri 12 anni per Antonio Gualtieri; 14 anni ad Antonio Silipo; 12 anni a Romolo Villirillo. Nicolino Grande Aracri – che secondo l’inchiesta della Dda di Bologna è il punto di di riferimento della ‘ndrina in Emilia – è stato condannato a 6 anni e 8 mesi per diversi reati tra i quali però non c’era l’associazione mafiosa.
BOLOGNA - Giuseppe Giglio, imputato nel processo di 'Ndrangheta Aemilia in corso a Bologna, non sarà sottoposto a interrogatorio nell'udienza del rito abbreviato. Il Gup Francesca Zavaglia ha infatti rigettato l'istanza dell'imprenditore calabrese, da poche settimane divenuto collaboratore di giustizia.
La richiesta era stata fatta nella scorsa udienza dal nuovo difensore, avvocato, Luigi Li Gotti, che aveva prodotto i verbali con le trascrizioni delle sue prime dichiarazioni, fatte dopo la scelta di collaborare.
Secondo quanto si apprende il giudice, nell'ordinanza letta nell'aula a porte chiuse, avrebbe rigettato la richiesta di interrogatorio di Giglio, non ravvisando l'assoluta necessitá di assunzione della prova ai fini della decisione.
Contro l'accoglimento dell'istanza si erano espressi i difensori di alcuni imputati, tra cui gli avvocati, Gaetano Insolera e Tommaso Guerini.
Nella loro replica, i pm hanno confermato la richiesta di 20 anni di carcere per il collaboratore di giustizia. Non avrà quindi nessun sconto di pena perché è stata respinta anche in questo caso la richiesta di Li Gotti che aveva fatto istanza per il riconoscimento della attenuante speciale prevista per la collaborazione. I pm si riservano forse di decidere se chiedere o meno il riconoscimento dell'attenuante al momento dell'appello con ogno probabilità.