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Lunedì, 09 Settembre 2024

CRONACA NEWS

dia firenzeLa Direzione investigativa antimafia di Firenze ha eseguito la confisca di beni per 5 milioni di euro a tre imprenditori di origine calabresi operanti in Toscana, nella province di Firenze, Prato e Pistoia. I provvedimenti, emessi dall'ufficio misure di prevenzione del tribunale, sono la prosecuzione di un'inchiesta per riciclaggio coordinata dalla Dda che lo scorso gennaio aveva portato al sequestro di beni per 3 milioni [LEGGI ARTICOLO]. Negli accertamenti successivi sarebbero emersi altri beni riconducibili agli indagati. Le confische, eseguite nelle province di Firenze, Pistoia, Prato e Crotone, riguardano 4 societa' operanti nel settore dell'edilizia e 5 nella ristorazione di cui: 4 pizzerie e un bar-pasticceria. Tra gli altri beni figurano: 10 tra fabbricati e terreni, 4 auto e 41 rapporti bancari. Gli imprenditori coinvolti sono: Giuseppe Iuzzolino, 81 anni, Martino Castiglione 61, e Vincenzo Benincasa di 58 anni, tutti originari di Strongoli (Crotone) ma radicati da molti anni in Toscana. Per Iuzzolino, considerato il promotore dell'attivita' criminale, il tribunale ha disposto per 2 anni anche la sorveglianza speciale, con obbligo di soggiorno nel comune di residenza. Nella motivazione dei provvedimenti di confisca i giudici sottolineano la presenza di «un contesto criminale di notevole articolazione e complessità anche di carattere tecnico-contabile-giuridico», che denota «capacità di programmazione», «ausilio in ambienti bancari» e «mantenimento nei luoghi di origine di contatti qualificati e contiguità con ambienti di criminalità organizzata».

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dia logo entrataAssociazione di stampo mafioso, estorsione, rapina, usura e frode fiscale aggravata. Sono i reati contestati a vario titolo a tre persone, destinatarie di altrettante misure di custodia cautelare emesse dal Gip di Venezia nell'ambito dell'operazione "Valpolicella", eseguita da personale del Centro operativo della Direzione investigativa antimafia di Padova in collaborazione con la Polizia di Stato, i Carabinieri e la Guardia di finanza delle province di Venezia, Verona, Vicenza, Cremona, Reggio Emilia e Catanzaro. L'inchiesta, coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia di Venezia, mirava a verificare eventuali infiltrazioni mafiose di origine calabrese tra le province di Vicenza e Verona ed ha consentito di individuare ed indagare 36 soggetti. Quattordici le perquisizioni effettuate, nel corso delle quali - sottolineano gli investigatori - e' stata sequestrata "documentazione contabile ed extra contabile comprovante l'esistenza delle attivita' illecite". Tra le persone oggetto del blitz e' emerso un pregiudicato segnalato dalle forze di polizia locali come contiguo a personaggi affiliati alle cosche crotonesi Grande Aracri e Dragone, oltre alla presenza di vari soggetti collegati alla 'ndrangheta, operanti nel settore edile. Il Gip ha disposto la misura cautelare per l'emissione di fatture false per due crotonesi, rispettivamente di 41 e 23 anni, e per una cittadina serba di 33 anni: alla donna sono stati concessi i domiciliari in quanto madre di un bimbo minore di 6 anni. Nello specifica, la misura cautelare è scattata per F.F. nato a Crotone nel 1975 per fatture false (con l'aggravante del metodo mafioso), S.C. nato a Crotone nel 1993 per emissione di fatture false (con aggravante del metodo mafioso), D.A. nata in Serbia classe 1983 ai domiciliari per emissione di fatture false (con aggravante del metodo mafioso).

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mappa clan provincia crotone 2016 primo semestreL’estratto di seguito riportato è contenuto nella relazione che il ministro dell’interno ha riferito al Parlamento circa l’attività svolta e sui risultati conseguiti dalla Direzione investigativa antimafia e riguarda la provincia di Crotone. La relazione è aggiornata al primo semestre del 2016 ed è stata oggi diffusa. «Nel corso del semestre – è scritto nella relazione – una prospettiva significativa delle dinamiche criminali che starebbero caratterizzando la provincia di Crotone è stata offerta da un ulteriore filone investigativo dell’operazione “Kyterion 2”, la cui prima tranche è stata in più occasioni richiamata nelle relazioni del 2015. Le investigazioni hanno colpito, nel mese di gennaio, 16 soggetti appartenenti ad una struttura criminale facente capo alla cosca GRANDE ARACRI, che aveva esteso la propria influenza sulle province di Crotone, Cosenza (basso Ionio cosentino), Catanzaro, Vibo Valentia (alto tirrenico), contando anche su propaggini a Roma, in Lombardia e in Emilia Romagna, territorio, quest’ultimo, dove è emersa l’operatività di vere e proprie locali di ‘ndrangheta. Dalle indagini sono emerse, tra l’altro, forti pressioni tese ad imporre subappalti nella fase di realizzazione e gestione di un parco eolico, sistematiche estorsioni ai danni dei villaggi turistici del litorale ionico - a cui venivano anche imposti servizi e prestazioni da parte di ditte vicine al sodalizio criminoso - e la partecipazione all’omicidio del capo di una compagine avversaria. Sul territorio, oltre alla locale di Cutro - facente immediatamente capo alla cosca GRANDE ARACRI, di cui si conferma la forza anche sul piano militare - permane l’operatività della locale di Petilia Policastro, che annovera quali elementi apicali esponenti della famiglia MANFREDA di Mesoraca, subentrati ai COMBERIATI. A Crotone è, invece, operativa la storica cosca VRENNA - BONAVENTURA- CORIGLIANO; in contrada Cantorato si segnala la presenza della cosca TORNICCHIO, mentre nella popolosa frazione di Papanice sono presenti e contrapposti i RUSSELLI e i MEGNA, noti anche come “Papaniciari”. Nel territorio di Isola Capo Rizzuto permangono le storiche famiglie ARENA e NICOSCIA, mentre nella frazione di San Leonardo di Cutro si segnalano le famiglie MANNOLO e TRAPASSO. A Cirò, già sede del Crimine, risultano operativi i FARAO-MARINCOLA, che estenderebbero il proprio operato sulle vicine zone ioniche cosentine, mentre su Strongoli si segnala la presenza della ‘ndrina GIGLIO, duramente colpita, nel mese di marzo, dall’operazione Becco d’oca del Centro Operativo D.I.A. di Firenze. Le indagini, condotte sul capoluogo Toscano, a Prato, a Pistoia e a Crotone, hanno portato al sequestro di un rilevante patrimonio mobiliare, immobiliare e societario (tra cui bar – pasticcerie e ristoranti-pizzeria), per un valore stimato di oltre 3 milioni di euro, nei confronti di un imprenditore calabrese che da anni aveva trasferito i propri interessi economici in Toscana. Le investigazioni hanno consentito di accertare come il predetto, coadiuvato da prestanome, avesse effettuato, nel tempo, ingenti investimenti societari e immobiliari a Firenze e a Prato, in mancanza di una compatibile capacità reddituale. Le ricostruzioni economico – finanziarie effettuate hanno messo in evidenza, in particolare, il frequente ricorso allo strumento contabile del c.d. “finanziamento soci”, che ha consentito alla società di disporre di capitali senza ricorrere al mercato finanziario. Nello specifico, tale liquidità veniva travasata nelle casse delle imprese direttamente dai soci, quale forma di auto-finanziamento, mediante un sofisticato sistema di reimpiego di capitali acquisiti illecitamente. In tale contesto, è stata, inoltre, accertata l’esistenza di un flusso di denaro verso la Calabria in favore del reggente della citata ‘ndrina GIGLIO di Strongoli (KR). La stessa cosca è stata, altresì, al centro dell’operazione Amaranto 2, condotta dal centro operativo Dia di Padova».
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dia firenze2La Direzione investigativa antimafia di Firenze ha sequestrato un patrimonio di oltre cinque milioni di euro a tre imprenditori calabresi, Iuzzolino Giuseppe, Castiglione Martino e Benincasa Vincenzo, tutti originari di Strongoli (KR), ma radicati da molti anni in Toscana. Il provvedimento, emesso dalla Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale di Firenze, e' scaturito dalle indagini della Dia che hanno permesso di dimostrare non solo le ingenti movimentazioni di capitali e gli investimenti immobiliari effettuati dagli imprenditori a fronte di esigui redditi dichiarati, ma anche i legami con la criminalita' organizzata calabrese. Le indagini della Dia hanno evidenziato contatti tra i menzionati soggetti e gli appartenenti alla famiglia "Giglio", organici all'omonima 'ndrina dominante a Strongoli, nei cui confronti sono state fatte transazioni di denaro senza alcuna giustificazione lecita. I sequestri, avvenuti nelle province di Firenze, Prato, Pistoia e Crotone, riguardano 9 societa', 19 immobili (tra fabbricati e terreni), 6 beni mobili registrati (5 autovetture e 1 motoveicolo) e 40 rapporti bancari (conti correnti, libretti di deposito e dossier titoli), riconducibili a 21 soggetti, tra persone fisiche e giuridiche, il cui valore, e' stato stimato in oltre 5 milioni di euro. Le indagini, coordinate dal procuratore Giuseppe Creazzo e dirette dal sostituto Eligio Paolini, hanno anche riscontrato, come riferito stamani in una conferenza stampa, "contatti economici" tra gli indagati e appartenenti alla famiglia 'Giglio' verso cui sarebbero state fatte transazioni di denaro senza alcuna giustificazione lecita. Gli accertamenti hanno riguardato anche conti correnti personali aperti alla filiale di Strongoli della Banca Carime dove sono stati versati dal 2009 al 2014 contanti per oltre un milione di euro. «Siamo in presenza di ingenti capitali di incerta provenienza - ha spiegato il procuratore Giuseppe Creazzo - a fronte di redditi bassissimi dichiarati che dal 1998 al 2016 sono stati in media di 9.000 euro l'anno».

 

 

 

 

 

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dia logo entrataVentuno "famiglie" a cui si aggiungono una serie di consorterie minori con diramazioni anche nel Nord Italia. Così la Dia, nella sua ultima relazione, fotografa la situazione della criminalita' organizzata nella provincia di Crotone. La 'ndrangheta crotonese rappresenta, secondo le ultime indagini, una forza rilevante e in costante ascesa, al punto da avere ambito a realizzare la seconda "Provincia" (secondo la dizione ndranghetista) della Calabria, paritetica a quella di Reggio. Un fenomeno capace di andare ben oltre i confini regionali. La relazione della Direzione investigativa antimafia fa emergere la "forte influenza" della cosca Grande Aracri che, secondo le indagini degli ultimi tempi, avrebbe tentato di costituire proprio una struttura paritetica alla "Provincia" reggina. Ma la Dia individua anche le mire espansionistiche del "Locale di Cutro" in altre aree del territorio calabrese e verso l'Emilia Romagna. Una condizione che sembra trovare conferma negli arresti effettuati dalla Procura di Bologna nell'ambito della prosecuzione dell'operazione "Aemilia" sugli affari della 'ndrangheta al Nord. Nell'inchiesta sono stati evidenziati gli interessi delle cosche calabresi nelle province di Reggio Emilia, Parma, Piacenza e Modena, con propaggini anche a Verona, Mantova e Cremona. Affari imponenti ,come dimostra l'ammontare dei beni sequestrati pari a oltre 330 milioni di euro. La stessa relazione della Dia indica per la citta' di Crotone le attivita' criminali legate al gruppo Vrenna, Bonaventura e Corigliano, mentre in localita' Cantorato sarebbe presente la cosca Tornicchio. Delicata la situazione della frazione di Papanice, con la contrapposizione tra i Megna (noti come "Papaniciari") e i Russelli. Nella frazione San Leonardo di Cutro, invece, e' segnalata la presenza dei clan Mannolo e Trapasso, mentre a Ciro', storica sede di 'ndrangheta con il ruolo di "Crimine", si segnala il gruppo Farao-Marincola. La famiglia Manfreda di Mesoraca sarebbe, invece, a capo della locale di Petilia Policastro, mentre il territorio di Isola Capo Rizzuto sarebbe gestito dalle famiglie Arena e Nicoscia. Quella del Crotonese rappresenta, comunque, una delle organizzazioni criminali piu' forti in Calabria, con interessi economici e con il controllo del territorio che si espande su tutta la fascia ionica e fin dentro la provincia di Catanzaro, dove sarebbero molti gli accordi e i legami anche con alcuni clan locali.

 

 

 

 

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Il personale della Direzione investigativa antimafia di Firenze, al termine di articolate indagini coordinate dal procuratore della Repubblica di Firenze Creazzo e dal sostituto procuratore (ora procuratore della Repubblica di Livorno) Squillace Greco, ha sequestrato un rilevante patrimonio mobiliare, immobiliare e societario, per un valore stimato di oltre 3 milioni di euro, nei confronti di un imprenditore calabrese che da anni aveva trasferito i propri interessi economici in Toscana. Il provvedimento, eseguito nelle province di Crotone, Firenze e Prato, ha portato al sequestro preventivo di: 9 societa'; 3 bar-pasticcerie; un ristorante-pizzeria; 7 appartamenti; 5 beni mobili registrati (autoveicoli e motoveicoli); 42 rapporti bancari, tra conti correnti, libretti di deposito e dossier titoli.

 

Le indagini condotte dall'antimafia fiorentino confluiscono nella figura chiave dell'imprenditore Giuseppe Iuzzolino, 79 anni, originario di Strongoli, ma dimorante in via Baracca a Firenze, poco distante dai locali al centro delle indagini. Iuzzolino, che da tempo aveva trasferito le sue attività economiche in Toscana, è agli arresti domiciliari per bancarotta fraudolenta del bar Il Barco. Indagate altre 5 persone: Vincenzo Benincasa, Castiglione Martino, Luigi Guercio, Fiore Guercio e Alfredo Aldrovandi, quest'ultimo originario del bolognese, l'unico non calabrese del gruppo.

 

Le investigazioni hanno consentito di accertare come l'uomo, coadiuvato da "prestanome", avesse effettuato nel tempo ingenti investimenti societari e immobiliari a Firenze e a Prato, in mancanza di una lecita capacita' reddituale. Le ricostruzioni effettuate dagli investigatori hanno messo in evidenza, in particolare, il frequente ricorso allo strumento contabile del cosiddetto "finanziamento soci" che ha consentito alla societa' di disporre di capitali senza ricorrere al mercato finanziario.

 

Nello specifico, tale liquidita' veniva travasata nelle casse delle imprese direttamente dai soci, quale forma di auto-finanziamento, mediante un sofisticato sistema di reimpiego di capitali acquisiti illecitamente. Gli uomini della Dia di Firenze, al termine di approfonditi accertamenti, hanno cosi' potuto ricostruire la reale capacita' patrimoniale del soggetto. In tale contesto, e' stata, inoltre, accertata l'esistenza di un flusso di denaro verso la Calabria in favore del reggente della 'ndrina "Giglio" di Strongoli (KR), sul quale sono in corso ulteriori approfondimenti investigativi.

 

Alcuni dei beni posti sotto sequesto sono noti locali di Firenze come il bar pasticceria "Caldana" di piazza Leopoldo, il bar "Il Barco" e la pizzeria ristorante "Pizzaman" (entrambi in via Baracca); mentre a Prato si è proceduto al sequestrato del bar "Becco D'Oca" in via Ferrucci e di appartamenti pregiati del complesso immobiliare "Il Teatro" nel quartiere del Pino.

 

 

 

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