MODENA - Quaranta tra terreni e fabbricati e altri beni per un valore di 13 milioni di euro sono stati confiscati ai fratelli Nicolino, Gianluigi e Carmine Sarcone (residenti a Bibbiano nel Reggiano e attualmente detenuti) e Giuseppe Sarcone Grande (residente a Reggio Emilia), ritenuti esponenti di primo piano della 'Ndrangheta in Emilia-Romagna, emersi nell'operazione 'Aemilia' e originari di Crotone.
REGGIO EMILIA - Beni del valore di oltre 500 mila euro sono stati confiscati dalla Direzione investigativa antimafia di Bologna a Pasquale Brescia, 53 anni, imprenditore originario di Crotone che si e' trasferito nel 1989 a Reggio Emilia, dove risulta domiciliato, sebbene sia oggi detenuto nel carcere di Parma. Sotto sequestro sono finiti, in particolare, un appartamento a Milano, due terreni in Calabria e diversi conti correnti. Nel 2018 Brescia e' stato condannato a 16 anni di reclusione con rito abbreviato nell'ambito del processo Aemilia (il piu' grande mai celebrato al nord contro la 'ndrangheta, partito nel 2015). Per i giudici di primo grado e' un "imprenditore intraneo" alla cosca di Cutro (provincia di Crotone) che fa capo a Nicolino Grande Aracri. A Reggio Emilia Brescia gestiva anche il ristorante "Antichi Sapori", punto di ritrovo abituale degli esponenti della consorteria mafiosa e dove nel 2012 fu organizzata la famosa cena -a cui prese parte anche il politico Giuseppe Pagliani del Pdl- per mettere a punto la strategia di discredito del prefetto di Reggio Antonella De Miro, che stava colpendo gli affari del clan con le interdittive antimafia. Sempre nel 2018, a questo proposito, Brescia e' stato condannato anche a sei anni e nove mesi per aver intestato fittiziamente alla moglie la societa' di riferimento del ristorante, per metterla al riparo da eventuali misure dell'autorita' giudiziaria.
PADOVA - La Dia di Padova ha eseguito, nelle province di Vicenza e Verona, un decreto di confisca, emesso dal Tribunale di Bologna, nei confronti dell'imprenditore pregiudicato F.F., 44enne originario della provincia di Crotone, ma da tempo domiciliato in Veneto.
(Foto: Repertorio)
La Direzione investigativa antimafia di Firenze, con la collaborazione delle Sezioni operative di Bologna e Catanzaro, ha sequestrato beni per un milione e mezzo di euro all'imprenditore calabrese Antonio Silipo, esponente della 'ndrangheta in Emilia Romagna, attualmente detenuto in carcere. Il provvedimento, emesso dal Tribunale di Reggio Emilia su proposta del direttore della Dia, e' stato eseguito nelle province di Reggio Emilia e Crotone e ha riguardato 6 societa', 9 immobili (tra fabbricati e terreni), 23 beni mobili registrati e 18 rapporti bancari (conti correnti, libretti di deposito e dossier titoli). Le indagini economico-finanziarie condotte sul conto dell'indagato e dei suoi familiari, spiegano gli investigatori, "hanno dimostrato l'esistenza, a fronte di esigui redditi dichiarati nel corso degli anni, di un tenore di vita e di movimentazioni di capitali, nonche' di investimenti immobiliari sproporzionati rispetto alle capacita' reddituali dichiarate". Tra i precedenti di Silipo, nato nel 1969 a Cutro (Crotone), ma residente da molti anni a Cadelbosco di Sopra (Reggio Emilia), risulta il coinvolgimento nell'operazione "Grande Drago", per cui e' stato arrestato nel 2014 con l'accusa di associazione a delinquere finalizzata alla commissione di reati fiscali, e nell'operazione "Aemilia", nell'ambito della quale e' stato giudicato nel 2016 con rito abbreviato e successivamente condannato dal Tribunale di Bologna a 14 anni di reclusione. "Quest'ultima sentenza - sottolinea la Dia - lo descrive come soggetto dedito a prestiti usurari, realizzati mediante societa' a lui riconducibili e dissimulati dietro false transazioni commerciali. Nella riscossione delle rate, Silipo riusciva spesso, anche con metodi estorsivi, ad ottenere a suo indebito vantaggio il trasferimento di beni o la sottoscrizione di titoli di credito. In altri casi le estorsioni venivano realizzate in concorso con Nicolino Sarcone, organizzatore di primo piano dell'attivita' illecita per conto del clan 'Grande Aracri' di Cutro".
Stava per costruire un nuovo villaggio turistico del valore di circa dieci milioni di euro a pochi metri dalla spiaggia di Isola Capo Rizzuto, l'imprenditore Pasquale Gianfranco Antonio Barberio a cui questa mattina la Divisione investigativa antimafia di Catanzaro ha sequestrato beni per un valore di circa dodici milioni di euro. Altri tre milioni di euro sono stati invece confiscati all'imprenditore specializzato nella lavorazione del legname, Salvatore Scarpino tratto in arresto nell'ambito dell'operazione "Kyterion" e condannato dal Tribunale di Crotone, in primo grado, a 10 anni di reclusione. Entrambi gli imprenditori sono ritenuti contigui alla locale di 'ndrangheta di Cutro, facente capo al boss Nicolino Grande Aracri. I decreti traggono origine da accertamenti condotti dalla Dia sugli esiti di accertamenti di natura patrimoniale riguardanti un arco temporale di circa venti anni. Nel dettaglio, il Tribunale di Catanzaro ha formulato un giudizio di pericolosita' sociale su Barberio, anche alla luce dei "..rapporti di natura economica accertati come intercorrenti tra Barberio e Grande Aracri Nicolino concretizzati, essenzialmente, nell'affidamento al Barberio, nell'anno 2000, di una rilevante somma da parte del Grande Aracri, prima che questi venisse arrestato". Analogamente, il Tribunale di Crotone, a fondamento del giudizio di pericolosita' sociale nei confronti di Scarpino, a cui e' stata anche applicata la misura della sorveglianza speciale per tre anni con obbligo di soggiorno nel comune di residenza, ha messo in luce il suo agire attraverso "operazioni finanziarie e bancarie e investimenti commerciali, anche con l'ausilio di prestanomi"; e ha evidenziato i suoi contatti diretti e frequenti con Grande Aracri Nicolino, "per il quale si e' posto da intermediario con altri soggetti estranei all'associazione, al fine di consentirgli l'avvicinamento a settori istituzionali anche per il tramite di ordini massonici e cavalierati". In totale sono stati apposti i sigilli a 13 societa' con sedi sia in Calabria che nel Lazio, 79 tra terreni e fabbricati; 14 rapporti finanziari; 7 polizze assicurative e un'autovettura. Tra le societa' sequestrate a Barberio anche la G.B. Immobiliare che aveva gia' ottenuto tutte le licenze per costruire un nuovo villaggio turistico sulla costa di Isola Capo Rizzuto. "L'attivita' investigativa - ha spiegato il capo della sezione operativa della Dia di Catanzaro Antonio Turi - ha svelato la sproporzione tra i tra beni posseduti e i redditi dichiarati da entrambi i nuclei familiari". Il colonnello Michele Conte ha evidenziato come due societa' della galassia Scarpino sia state formalmente intestate a due operai rumeni e poi svuotati di risorse in favore di una terza societa' dell'imprenditore crotonese. Alla conferenza stampa ha partecipato anche il capo centro della Dia di Reggio Calabria il colonnello Teodosio Marmo che ha voluto sottolineare "l'importante risultato raggiunto che premia l'incessante impegno della Dia nel contrasto ai patrimoni acquisiti illecitamente dalle organizzazioni criminali".
La Direzione investigativa antimafia di Firenze e Bologna ha dato esecuzione a un decreto di confisca beni, emesso dalla corte di appello di Bologna, nei confronti di Nicolino Sarcone, un 51enne imprenditore edile del Crotonese, da anni in Emilia Romagna, ritenuto affiliato alla cosca 'ndranghetista 'Grande Aracri' di Cutro, in provincia di Crotone. La confisca ha riguardato beni mobili, immobili e disponibilita' finanziarie. L'uomo era già stato condannato nell'ambito del processo 'Aemilia'.