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Venerdì, 04 Ottobre 2024

CRONACA NEWS

toga riesameTorna in lebertà a un mese esatto dalla pronuncia della Suprema Corte di cassazione che, lo scorso 29 maggio, aveva annullato con rinvio dinanzi al Tribunale della libertà di Catanzaro l'ordinanza applicativa della misura cautelare. Ieri, lo stesso Tribunale, in sede di rinvio, ha rimesso in libertà Gilda Cardamone, revocando definitivamente la misura degli arresti domiciliari. La signora Cardamone, nativa di San Nicola dell'Alto, ma residente in Torre Melissa, era stata accusata del reato di intestazione fittizia dei beni aggravato dall'art. 7 della legge antimafia. In data 9 gennaio era stata tratta in arresto nell'ambito dell'operazione antimafia denominata Stige, che aveva coinvolto oltre 170 persone, con l'accusa di essere la titolare fittizia della pescheria Profumo di Mare in Torre Melissa, che secondo la Dda di Catanzaro era di proprietà di Spagnolo Giuseppe detto "Peppe u Banditu". La Suprema Corte di Cassazione prima il Tribunale della Libertà dopo hanno accolto le tesi difensive degli avvocati Giovanni Mauro e Tiziano Saporito, che sin dall'inizio si sono battuti sostenendo la liceità della realizzazione della attività ittica. Infatti, dalla corposa documentazione è emerso che la pescheria era di esclusiva proprietà della sig.ra Cardamone e che nulla a che vedere aveva con Spagnolo Giuseppe.

 

 

 

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corte cassazioneLa Suprema Corte di Cassazione, Sez VI, ha annullato lo scorso 29 maggio, con rinvio dell'ordinanza al Tribunale della Libertà di Catanzaro, il pronunciamento che lo scorso 25 gennaio aveva confermato la misura degli arresti domiciliari nei confronti di Gilda Cardamone, di 34 anni, residente a Torre Melissa, per il reato di intestazione fittizia dei beni aggravato dall'art. 7 della legge antimafia. La donna era stata tratta in arresto lo scorso 9 gennaio nell'ambito dell'operazione antimafia denominata “Stige” che aveva portato all'arresto di 170 persone, con l'accusa di essere la titolare fittizia della pescheria "Profumo di Mare" in Torre Melissa, di proprietà di Spagnolo Giuseppe (alias "Peppe u Banditu"). Secondo la ricostruzione della Procura distrettuale antimafia di Catanzaro, Spagnolo Giuseppe avrebbe intestato, fittiziamente, a Gilda Cardamone, la titolarità della pescheria, al fine di eludere le disposizioni di legge in materia di misure di prevenzione e di agevolare la consorteria di 'ndrangheta denominata "Locale di Cirò". A seguito dell'applicazione della misura cautelare personale era scattata anche quella reale con il sequestro preventivo della pescheria "Profumo di Mare". La Suprema Corte di Cassazione ha accolto la tesi difensiva degli avvocati Giovanni Mauro e Tiziano Saporito, che sin dall'inizio si sono battuti sostenendo la liceità della realizzazione della attività ittica. Corposa, infatti, è stata la documentazione, portata al vaglio della Suprema Corte di Cassazione, da cui traspare la regolarità della gestione e della movimentazione economica e della pescheria.

 

 

 

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