L'importanza della comunità ebraica di Crotone durante il Medioevo è evidenziata dalla "Cedula subventionis in Iustitiariatu Vallis Grati et Terre Iordane" del 1276 dove troviamo che i "Iudei" di Cosenza erano tassati per once 2 tareni 22 e grana 16, quelli di Bisignano per once 3 tareni 18 e grana 12, quelli di Castrovillari per once 3 tareni 19 e grana 16, di Brahalla (Altomonte) per tareni 3 e grana 12 , quelli di Rossano per once 5 tareni 16 e grana 16 e quelli di Crotone per ben once 19 tareni 12 e grana 121.
Alcune notizie sugli Ebrei di Crotone
Sempre durante l'occupazione angioina nei primi anni del Trecento, è segnalata la presenza a Crotone di una sinagoga. E' del 1324 la concessione agli Ebrei di Crotone di poterla restaurare, col limite però di riportarla nella forma e nello stato precedente2. Durante il Quattrocento a Crotone, come anche negli altri paesi del Marchesato, le comunità ebraiche sono fiorenti. Tra i privilegi confermati al vescovo di Crotone Cruchetto dal re Alfonso D'Aragona il 25 febbraio 1445, essendo gli originali andati perduti durante l'assedio alla città per un incendio che aveva devastato la cattedrale ed il palazzo vescovile, vi era che egli potesse "cognoscere diffinire et terminare causas omnes et singulas dumtaxat quae vertuntur inter christianos et Judeos ipsius Civitatis Cutroni et inter Judeos ipsos"3. Tra coloro che parteciparono ai grandi lavori di fortificazione della città tra il 1485 ed il 1491 si avverte una massiccia presenza di Ebrei, sia come fornitori che come addetti alla costruzione. Tra i numerosi "judei de Cotrone", che commerciano con la regia fabrica, troviamo Samoeli de Malandrino che vende due centinaia di "chiovi de quaterna", necessari per fare le casse ed i bayardi, Samuel Franzo, che fornisce "stelli di astraco et tigilli per la casa deli monicioni" del castello, il mastro ferraro Nixi Sala che vende una "macza" grande di ferro e cinque zappe grandi e grosse, due furcate, cati, barili per usarli nelle calcare ecc.
Altri Ebrei partecipano direttamente alla costruzione. Tra questi il capomastro Yesua ed il mastro Simon de Sarro, che lavorano a costruire le bombardiere del castello ed assieme ai due mastri Petro e Berardino de Rosi diroccarono la vecchia torre di San Giorgio, che era dentro il castello ed il mastro Jesire Judeo, che con i due mastri Paulo Marino e Cesaro de Sarro costruisce la calcara del castello e
"Judei de Cotrone" sono Marino de Trani, Samuel delo Special, Jaroda Piczuto e Moyses Malta4. L'accoglimento di una supplica presentata dalla "iudeca de Cotrone" ci fa conoscere la consistenza della comunità ebraica di Crotone all'inizio del Cinquecento, prima della pubblicazione delle prammatiche con le quali il re ordinava la cacciata dei Giudei da tutto il regno. Da tale documento risulta che nel 1507 l'università di Crotone era tassata per 450 fuochi di cui ben 58 erano di "iudey", i quali, oltre a formare la comunità più numerosa della Calabria e quindi anche la più ricca e tassata, rappresentavano circa l'ottava parte della popolazione di Crotone5.
Durante il Viceregno, nonostante le continue persecuzioni ed i bandi di espulsione, non tutti gli Ebrei se ne andarono, molti di loro si convertirono o si mimetizzarono. Ancora alla fine del Seicento e nei primi decenni del Settecento la loro consistente presenza è segnalata in città. Dal 15 agosto 1691 al 15 agosto 1694 furono fatti cristiani 22 ebrei, ai quali, come da ordine del vescovo Marco Rama, furono dati ad ognuno 5 grana a testa dal procuratore del Capitolo della cattedrale6 , nel 1704 /1705 il procuratore del capitolo spese 40 grana per le "elemosine dell'ebrei"7 ed ancora nel 1730 /1731 per ordine del Vicario furono pagati 10 grana a testa a due ebrei che si erano convertiti8.
La localizzazione della Giudecca
La giudecca come entità autonoma e luogo cittadino ben definito, abitato da Ebrei, durante il Cinquecento venne meno. Dall'analisi di alcuni atti notarili del Seicento si può stabilire che la "Judeca", di cui allora rimaneva solo il ricordo come luogo, era situata parte in parrocchia di Santa Maria Prothospatariis e parte in quella di San Pietro, Essa inoltre era poco distante dalla cattedrale. Il luogo è attualmente identificabile nei pressi dell'incrocio tra via Giuseppe Suriano e via Media sezione Pescheria.
Documenti
Primo documento. 18.8.1564. Rafaele Prato abitava in parrocchia Sancti Nicolai deli Cropi in strata dela Judeca ( 15,1578,162).
Secondo documento. Il 6 settembre 1610 in Crotone per atto del notaio Giovanni Francesco Rigitano, Fabritio Lucifero, figlio di Pompeo e di Isabella Lucifero e marito di Adriana Berlingieri9, affermava di possedere alcuni beni tra i quali una continenza di case in parrocchia di Santa Maria de Prothospatariis, confinanti da una parte con le case degli eredi di Gio. Theseo Syllano e dall'altra con quelle degli eredi di Luca Indulcato, "simul cum domibus positis loco dicto la Judeca", comprate dallo stesso Fabritio da Donna Julia Piterà di Catanzaro. Egli intendeva fare atto di donazione dei suoi beni ai figli Gio. Francesco e Mario e precisamente diede al figlio Gio. Francesco la gabella dela Olivella alcuni censi e beni che possedeva a Cutro e a San Giovanni Monaco e la continenza di case "cum domibus della Judeca. In pluribus membris inferioribus et superioribus consistentes cum puteo et gisterna intus eas". Riservandosi tuttavia Fabritio, vita sua durante, l'abitazione per sé, per sua moglie e per la sua famiglia nelle case donate10.
Alla morte di Fabritio Lucifero risulta che la vedova Adriana Berlingieri esercitò la tutela sui figli minori ed eredi Mario, Mutio e Gio, mentre l'altro figlio Francesco aveva già avuto la sua parte dell'eredità paterna11.
Gio. Francesco Lucifero sposò la catanzarese Bernardina Maiorana ed ebbe un figlio di nome Fabritio.
Il 24 ottobre 1684 Fabritio Lucifero, figlio del fu Gio. Francesco Lucifero e di Bernardina Maiorana, rimasto in prigionia dei Turchi per sedici anni e liberato nell'isola di Santa Maura dai Veneziani, giacente in un letto dell'ospedale della SS.ma Trinità di Bari dell'ordine di San Giovanni di Dio, faceva in punto di morte un atto di donazione a favore dei padri della religione di San Giovanni di Dio. Tra i beni donati vi erano una "domum unam magnam quam asserit possidere in pluribus et diversis membris consistentem sitam et positam in dicta civitate Cutroni in strata nuncupata della Iudeca parum distante ab ecc.a Majiori" e la gabella detta di Maccuditi e Maiorana, situata in territorio di Crotone. Il Lucifero nello stesso atto affermava che tali beni gli erano pervenuti per eredità del padre Gio. Francesco12.
L'atto tuttavia fu subito contrastato ed impugnato dal nobile crotonese Antonio del Castillo. Il Castillo infatti fece presente un atto notarile stipulato il 20 settembre 1661 in Crotone presso il notaio Giuseppe Lauretta tra il citato Fabritio Lucifero ed il capitano Mutio Lucifero ( fratello di Gio. Francesco). In tale documento Fabritio, come figlio ed erede del fu Gio. Francesco Lucifero, affermava di essere debitore verso lo zio Mutio di ducati 500. Tale era infatti l'importo per le spese sostenute per una lite vertente in Roma per il possesso del beneficio di San Giacomo della famiglia Lucifero (ducati 400) ed il rimanente (ducati 100) erano stati lasciati dal padre al capitano Mutio Lucifero, come erede della comune madre Adriana Berlingieri. In tale atto il nipote affermava che, non avendo altra maniera per pagare lo zio, gli cedeva dieci salmate di terra delle sue gabelle di Maccuditi e Maiorana. Sempre in tale documento c'era anche un accordo tra le parti, col quale Fabritio cedeva a Mutio il resto delle sue gabelle di Maccuditi e Maiorana, previo una rendita annua sua vita durante di ducati 60 ed alcuni obblighi. Inoltre si impegnava, che non sposandosi o morendo senza figli legittimi e naturali, a far succedere nelle sue proprietà "stabili e mobili" lo zio o i suoi eredi e successori13.
Vista la difficoltà di entrare in possesso dei beni donati da Fabritio Lucifero, i Fatebenefratelli di Crotone si riunirono e, considerate le continue difficoltà che sorgevano, decisero di trovare un accordo con la parte avversa, che era rappresentata da Antonio Castiglia, erede del fu Mutio Lucifero, in quanto figlio ed erede del castellano di Crotone Diego Castillo e di Vittoria Lucifero, figlia ed erede di Mutio Lucifero, e della sorella di costei Maria14. Poiché il convento minacciava grandissima rovina, i Fatebenefratelli si accontentarono di ricevere dal Castillo ducati 20015.
Le case che erano appartenute a Fabritio Lucifero, figlio di Gio. Francesco, erano passate quindi al capitano Mutio Lucifero, il quale sposò Hippolita Suriano, abitò in parrocchia di S. Maria Prothospatariis e morì il 9 gennaio 1663. Fu sepolto in cattedrale. Prima di lui erano morti sette suoi figli. Erano sopravvissute al padre le sole figlie Vittoria e Maria.
Vittoria si sposò due volte: dal capitano Valerio Montalcino nacque Valerio Antonio e dal regio castellano del castello di Crotone (1664) Didaco o Diego del Castillo nacque Antonio.
Antonio Del Castillo come figlio ed erede della madre Vittoria, che a sua volta era figlia ed erede di Mutio Lucifero, ereditò i beni di quest'ultimo, tra i quali la casa in Parrocchia di Santa Maria Prothospatariis, alcune terre aratorie nelle gabelle di Maccuditi e Maiorana ecc.. Antonio de Castillo sposò Anna Barricellis, figlia primogenita del feudatario Gio. Battista, la quale gli portò una cospicua dote tra cui alcune case situate nei pressi della casa ereditata dalla madre, sulle quali andrà ad innalzarsi il palazzo di famiglia. Il nuovo palazzo risulta già edificato nei primi anni del Settecento : esso è collocato in parrocchia di Santa Maria Prothospatariis e confinante con la casa palaziata di Carlo Sillani, strada mediante con il palazzo del qm. Gio. Battista Pagano poi del chierico Dionisio Rama, le case poi palazzo di Anna Suriano, figlia del fu Annibale ,e la casa di Carmina Perez.
Terzo documento. Domenico (seniore) Suriano figlio di Annibale (seniore) il 27 marzo 1663 per atto del notaio Gioseppe Lauretta acquista per ducati 900 da Gioseppe Mangione una continenza di case palaziate, consistenti in più e diversi membri con pozzo e cortile, situate in parrocchia di Santa Maria de Prothospatariis nel luogo detto "la Judeca"16. Figli di Domenico (seniore), feudatario della Garrubba, furono Antonio, Domenico (iuniore) e Annibale (iuniore). Il primogenito Antonio abiterà nella casa del genitore in parrocchia di S. Maria Prothospatariis17 e subentrerà nel feudo per morte del padre Domenico, avvenuta nel 1670. Il feudo e le case passarono in seguito ad Annibale, figlio di Antonio. Annibale sposò Costanza Sculco, figlia di Bernardo, barone di Montespinello. Dall'unione nacque Anna Suriano che come figlia ed erede subentrò nei beni paterni, per morte di Annibale avvenuta nel 171418. Bernardino Suriano, figlio di Antonio, sposò nel 1719 Anna Suriano19, figlia di Annibale Suriano (iuniore), rimasta vedova proprio in quell'anno per morte improvvisa di Nicolò Berlingieri. La moglie portò in dote tra l'altro delle case, o palazzo, comprate dal padre Annibale dal qm. Gerolimo Sillani. (Gerolimo Sillano sposato con Giulia Mangione). La casa palaziata dei Sillani, comprata da Annibale Suriano e poi passata alla figlia, era vicina al palazzo di Antonio del Castillo e consisteva in cinque membri e tre appartamenti, cioè superiore, mezzano e basso, cortile, scala di pietra e pozzo ed un casaleno dentro detto cortile20. Essa era appartenuta agli eredi del tesoriere della cattedrale Gio Giacomo Syllano ed era situata nel luogo dove anticamente era "la judeca"21.
I coniugi Bernardino e Anna Suriano abitarono in parrocchia di Santa Maria Prothospatariis nel palazzo, o case, che da Annibale Suriano erano passate alla figlia, situate vicino al palazzo dei De Castillo.
Bernardino Suriano sulle case ereditate dalla moglie Anna, su quelle che erano state del padre e su altre da lui acquistate costruì dalle fondamenta il nuovo palazzo di famiglia poco prima della metà del Settecento come risulta da una lite che ebbe con i vicini.
Nel 1740 infatti Maria del Castillo, figlia ed erede di Antonio del Castillo e di Anna Barricellis, proprietaria del palazzo dei De Castillo intentava causa contro Bernardino Suriano ed il figlio Raffaele, i quali avevano iniziato la costruzione di un grande fabbricato che dava fastidio alla sua costruzione22.
Il "gran palazzo", edificato a proprie spese da Bernardino Suriano, fu innalzato sul suolo ottenuto smantellando completamente il palazzo o casa palaziata ereditata dalla moglie Anna. Esso fu inoltre congiunto con "un passaturo" al quarto superiore delle case che erano state dei Sillano.
Quarto documento: Il 27 settembre 1610 Ottavio Piterà, nobile di Catanzaro ma abitante a Crotone, marito di Livia Lucifero di Crotone, in qualità di procuratore e marito della stessa prende possesso dei beni che la moglie ha ereditato come erede universale del fu Gio. Pietro Lucifero juniore, nipote della stessa Livia e figlio di Gio Pietro seniore, quest'ultimo a sua volta figlio di Gio. Francesco Lucifero. Tra i beni ereditari ci sono le case dove, in tempo che viveva, abitava lo stesso Gio. Pietro Lucifero e che ora sono abitate dalla stessa Livia Lucifero e dalla sua famiglia. Le case sono costituite da più membri superiori e inferiori, "cum cortilio et scalis lapideis a parte interiori" e sono poste nel luogo detto "La Judeca", in parrocchia di San Pietro e confinano con le case degli eredi di Hieronimo Galatio, via pubblica ed altri confini23. Da Livia Lucifero ed Ottavio Piterà nasceranno i figli Lucantonio, Isabella e Livia24.
Quinto documento. Il 12 maggio 1627 in presenza di Alonzo Viza, capitano della città di Crotone, Francesco Spina afferma di essere stato carcerato per due giorni continui in casa dei coniugi Ottavio Piterà e Livia Lucifero " posta dentro d.a Città di Cotrone loco d.o la Judeca nella Parocchia di S.ta Maria protospataris conf.e la casa di Jeronima Galassa et via pp.ca". Lo Spina era stato incarcerato per ordine del commissario della Regia Camera Gioseppe de Martino, il quale pretendeva dallo Spina ducati 56 per diritto di fondaco.
Sesto documento. Il 15 febbraio 1657 Josephus Piterà della città di Catanzaro, procuratore del chierico Antonio Piterà della stessa città, prende possesso in Crotone dei beni lasciati dal chierico Luca Antonio Piterà al figlio Antonio. Tra questi vi sono delle case dette "de Piterà consistentes in pluribus membris et cum casalenis retro, et ante positas in Parochia S. Petri, jux.a domos delli Galassi, loco d.o la Judeca et vias pub.cas et d.a casalena jux.a domum Dom.ci Zupo et domos Cap.nei Mutii Lucifero stricto med.te".
Settimo documento. Nel febbraio 1618 su istanza del correttore del convento di Gesù Maria di Crotone viene messo all'asta nella pubblica piazza "le case di Cornelia Berricella posti dentro la Citta di Cotrone nella parrochia di Santo Pietro et proprio alla Judeca". Le case consistenti in più membri e dove abita la Berricella sono acquistate dal frate Benedittus della Rocella dello stesso convento di Gesù Maria per ducati 136.
Note
1. Minieri Riccio C., Notizie storiche tratte da 62 registri angioini dell'archivio di Stato di Napoli, Napoli 1877, p. 215.
2. Colafemmina C., Presenza ebraica nel marchesato di Crotone, in Studi Storici Meridionali n. 3, 1989, p. 288.
3. Zangari D., Capitoli e grazie concessi dagli Aragonesi al vescovo e all'università e uomini della città di Cotrone durante il sec. XV, Napoli 1923, p. 5.
4. Quaterno de la fabrica deli rebellini et fossi de la Regia Citate de Cotrone, Dip. Som.1/196, ASN ; Conto di Nardo Negro deputato per la fabrica della città di Cotrone, Dip. Som. 2/196 , ASN.; Conto della Regia Fabrica de Cotrone, Dip. Som. 2/196, ASN. ; Conto di Jacobuccio de Tarento Cred.ro della fab.a de Cotrone, Dip. Som. 2/196 ; Frammento, Dip. Som. 3/196, ASN.
5. Colafemmina C., cit., p.304-305.
6. A 25 Agosto (1691) ad un Hebreo – 5; A 10 7bre ad un Hebreo –5; A 17 d.o ad un altro Hebreo –5; A 28 8bre ad un Hebreo –5; A 10 Ap.le (1692) per un Hebreo fatto cristiano – 5; A 3 giugno ad un Hebreo –5; A 16 luglio ad un Hebreo fatto cristiano –5; A 29 d.o ad un altro hebreo –5; A 2 7bre ad un hebreo – 5; A 5 8bre ad un hebreo fatto cristiano –5; A 16 Xbre per un hebreo –5; A 18 feb. (1693) per due hebrei –10; A 24 marzo ad un hebreo fatto cristiano –5; A 29 ap.le per un hebreo – 5; A 16 mag. Per un hebreo e sua moglie –10; A 16 agosto ad un hebreo –5; A 21 9bre ad un hebreo –5; A 18 gen. (1694) a due hebrei –10; A 28 giugno ad un hebreo –5, Platee del R.mo Capitolo 1691/1692, 1692/1693 e 1693/1694, Arch. Vesc. Crot.
7. Elemosine dell'Ebrei: A due Ebrei per ordine di questa Corte – 5; Ad uno ebreo –2; A dui Ebrei –5; Adui Ebrei – 5; Ad un ebreo 2; Ad 23 giugno ad uno ebreo – 2; A 24 giugno ad un ebreo – ", A 13 luglio ad uno ebreo 2, A 22 lug. Ad una famiglia per ordine di questa corte –5, Platea del R.mo Capitolo 1704/1705, AVC.
8. A 16 9bre (1730) dato ad un ebreo fatto cristiano ad ordine del Rev. Sig. Vicario – 10; A 16 luglio (1731) dato ad un Ebreo fatto cristiano per ordine di Mons. Sig. Vicario – 10, Platea del R.mo Capitolo, 1730 –1731, AVC.
9. Fabritio Lucifero, figlio di Pompeo che a sua volta era figlio di Marcello, aveva sposato nel 1594 l'orfana Adriana Berlingieri, figlia di Scipione Berlingeri e Berardina Susanna, che gli portò in dote la gabelle Maccuditi e L'Esca che deteneva in comune con le sorelle Vittoria e Hippolita, ANC. 49, 1594, 305 –306.
10. Fabritio Lucifero donò al figlio Mario una continenza di case "cum viridario" e con alcune case terranee, che erano state del padre Pompeo Lucifero, la gabella detta Lo Palazzo ed una chiusura di vigne in località Maccoditi. La continenza di case situata in parrocchia di Santa Maria Prothospatariis era da ogni parte isolata solo dalla parte del giardino confinava con le case degli eredi di Gio. Domenico Pagano. Fabritio si riservò l'usufrutto su tutti i beni donati per tutta la vita, ANC. 49, 1610, 42-43.
11. ANC. 117, 1623, 98- 99.
12. ANC. 336, 1690, 99.
13. ANC. 336, 1690, 100.
14. ANC. 336, 1692, 136 –138.
15. ANC. 336, 1690, 102.
16. ANC. 312, 1666, 148 –149.
17. ANC. 1330, 1782, 27 –37.
18. ANC. 659, 1716, 39.
19. ANC. 707, 1719, 1.
20. ANC. 497, 1711, 1.
21. 49, 1610, 42.
22. R.U. Cart. S. 423, 4, fasc. VI –1740, ASCZ.
23. ANC. 49, 1610, 104.
24. ANC. 334, 1678, 198 –202.