Rileggendo le fonti su questo fantomatico personaggio, astronomo, fisico, matematico, filosofo e chi più ne ha più ne metta, viene fuori un clichet di un uomo irreprensibile sotto tutti gli aspetti. Sembra quasi un essere soprannaturale, divino, assolutamente privo di difetti manifesti ed occulti.
Una specie di taumaturgo, insomma! Forse meglio del Poverello d'Assisi! Ma a proposito di mangiare o non sentiamo cosa dicono di lui gli autori del passato. Strabone d'Amasia (I secolo d.C.), autore della Geografia, nel lib. XV, 71, framm. 134 F 17, scrive: "Diceva Calano [il gimnosofista bramanico che accompagnava Alessandro Magno nella conquista dell'India, N.d.R.] che anche Pitagora insegnava queste pratiche ascetiche ed ordinava di astenersi dal mangiare esseri viventi".
Un'altra tradizione, molto più nota, riferita a Pitagora era quella di non cibarsi delle fave. Aulo Gellio, scrittore latino del II secolo d.C., autore delle Noctes Atticae, nel lib. IV 11,1 narra: "Una vecchia falsa credenza si diffuse ed acquistò credito e cioè che il filosofo Pitagora non si cibava d'animali e nella stessa misura s'asteneva dal mangiar fave. Secondo quest'opinione, il poeta Callimaco scrisse: . Ma il musico Aristosseno, uomo informatissimo delle lettere antiche, discepolo del filosofo Aristotele, nel libro che lasciò su Pitagora afferma che di nessun altro legume Pitagora faceva più spesso uso che delle fave, credendo che questo cibo lubrificasse il ventre e lo purgasse. Trascrivo le medesime parole d'Aristosseno: <pitagora, tra="" i="" legumi,="" apprezzava="" soprattutto="" la="" fava,="" per="" essere="" lassativa="" e="" lubrificante;="" questo="" ne="" faceva="" grandissimo="" uso="">. Lo stesso Aristosseno riferisce che era solito cibarsi di porcellini da latte e teneri capretti; notizia, questa, che egli sembra aver saputo da Senofilo pitagorico suo familiare e da altre persone più anziane, che non erano tanto lontane dall'età di Pitagora... Aristotele dice che i Pitagorici s'astenevano dal mangiare l'utero ed il cuore e tra i pesci l'ortica di mare e qualche altro della stessa specie."
Molto belle e traboccanti d'ironia sono le pagine scritte dal neosofista Luciano di Samosata (II secolo d.C.), autore di uno scritto in forma di dialogo dal titolo "Vendita all'incanto", seguiamolo nella narrazione.
Zeus: Tu, disponi e prepara il luogo agli avventori: tu presenterai, ad una ad una, le vite che dobbiamo vendere; prima ripuliscile però, affinché abbiano buon'apparenza ed attirino assai gente. E tu, o Hermes, fa' il bando ed invita i compratori ad entrare in bottega. Per ora metteremo all'asta queste vite qui, questi filosofi d'ogni specie e d'ogni setta. Chi non ha soldi in contanti da sborsare subito, darà garanzia e pagherà l'anno prossimo. Hermes: È già venuta la folla, bisogna sbrigarci e non farla attendere. Zeus: Dunque, vendiamo. Hermes: Chi vuoi che esponiamo per primo? Zeus: Quell'Ionio dai lunghi capelli, che m'ha un venerabile aspetto. Hermes: Ehi tu, Pitagora, vieni avanti e fatti vedere da questa gente. Zeus: Dà il bando. Hermes: Io vendo la vita ottima, la vita santa: chi la compera? Chi vuol essere più che uomo? chi vuol conoscere l'armonia dell'universo e dopo che è morto risuscitare? Compratore: Non ha una cattiva cera, che cosa è che sa bene costui? Hermes: Aritmetica, astronomia, magia, geometria, musica, furfanteria: tu vedi un valentissimo astrologo.
Compratore: È lecito interrogarlo?
Hermes: Interrogalo pure.
Compratore: Di dove sei tu?
Pitagora: Di Samo.
Compratore: E dove hai imparato?
Pitagora: In Egitto da quei sapienti.
Compratore: Orbene, se io ti compero, che cosa m'insegnerai?
Pitagora: Niente t'insegnerò, ma ti farò ricordare.
Compratore: Come mi farai ricordare?
Pitagora: Rendendoti pura l'anima e mondandola da ogni sozzura.
Compratore: Fa' conto che io sia già puro, come io mi ricorderò?
Pitagora: Innanzi tutto con un lungo silenzio, col non aprir bocca, né formare parola per cinque anni interi.
Compratore: Va' ad ammaestrare il figliolo di Creso [che era muto, N.d.R.], io voglio chiacchierare e non essere una statua. E dopo quel silenzio e quei cinque anni?
Pitagora: Ti eserciterai nella musica e nella geometria.
Compratore: Mi stai prendendo per il culo: è necessario prima diventare citarista e poi sapiente?
Pitagora: Dopo di queste saprai l'aritmetica. Compratore: Io la so ora l'aritmetica.
Pitagora: E come conti ?
Compratore: Uno, due, tre, quattro.
Pitagora: Vedi?, quello che a te sembra quattro è invece dieci, il triangolo perfetto è il nostro giuramento [si tratta della somma dei numeri 1. 2. 3. e 4. che dà dieci. Il triangolo perfetto è il problema del triangolo equilatero trovato da Pitagora. Il quattro era numero sacro per i Pitagorici: anzi essi designavano le divinità con i numeri. Per questo più avanti è detto che la divinità è un numero ed un'armonia].
Compratore: È un gran giuramento per quattro ! non ho mai udito discorsi più divini e più sacri.
Pitagora: Poi, o forestiero, tu saprai che cosa sono la terra, l'aria, l'acqua ed il fuoco e che forma hanno e come si muovono.
Compratore: Han forma il fuoco, l'aria e l'acqua?
Pitagora: E pure molto visibile: perché senza forma e senza figura non avrebbero la qualità di muoversi. Dopo queste cose conoscerai che la divinità è un numero ed un'armonia.
Compratore: Tu mi dici cose mirabili. Pitagora: E dopo di queste tu saprai che tu stesso che sembri uno, tu altro sembri ed altro sei.
Compratore: Che dici? Io sono un altro? Io non parlo ora con te? Pitagora: Ora sei tu: ma una volta tu comparisti in un altro corpo e con altro nome; col tempo di nuovo ti muterai in altro. [Si allude qui alla teoria della Metempsicosi o della trasmigrazione delle anime, N.d.R.].
Compratore: Vuoi tu dire che sarò immortale cambiando parecchie forme? Ma basti di questo, veniamo al tuo modo di vivere, qual è?
Pitagora: Io non mangio alcun cibo animale; gli altri sì, eccetto le fave. Compratore: E perchè? Forse ti fanno schifo le fave?
Pitagora: No, ma sono sacre ed hanno mirabile natura. Primamente esse sono il gran generatore: se tu sgusci una fava fresca vedrai che ha una figura simile ai genitali dell'uomo. Se le fai bollire e poi le lasci alla luna per un certo numero di notti, ne farai sangue. Ma la ragione maggiore è che gli Ateniesi sono soliti eleggere i loro magistrati con le fave.
Compratore: Che belle cose mi hai detto e che riposta dottrina! Ma spògliati che ti voglio vedere anche nudo. Per Herakles! Egli ha una coscia d'oro. Costui sembra un dio, non un mortale: voglio comprarlo senz'altro.
Hermes: Dieci mine [la mina attica valeva 50 lire d'oro; una cifra enorme, dunque! N.d.R.]. Compratore: Lo compro io, effettivamente le vale tutte.
Zeus: Scrivi il nome del compratore e di dove è. Hermes: Mi sembra, o Zeus, che un italiano, di quelli di Crotone, di Taranto... di quella Grecia lì. E non è solo, sono quasi trecento che l'han comperato in comune.
Zeus: Se lo prendano pure, esponiamo un altro".
Non me ne vogliano gli ammiratori di Pitagora se mi sono preso la briga di riportare queste fonti non certo positive sul loro idolo. Ma sono convinto che non si tratti di detrattori della figura del Gran Maestro.
È chiaro che il chiomato di Samo aveva parecchi vizietti ed in fondo in fondo era un uomo come tutti gli altri.