Siamo in epoca dove il progresso tecnologico, figlio dell’uomo, si rivolge al padre con ghigno inquietante e con progetti minacciosi e distruttivi di “grande cancellazione” e di schiavitù generalizzata: accadde già all’indomani della prima guerra mondiale quando l’epoca dell’elettricità e dei trasvolatori generò un’umanità impazzita tra il fango, gli escrementi e nella puzza dei cadaveri delle trincee, e poi accadde ancora alla fine della seconda guerra planetaria quando tutto si consumò all’ombra del fungo atomico di Hiroshima e Nagasaki: il secondo fallito tentativo di suicidio fatto da questo pianeta secondo l’espressione dell’immenso scrittore americano Kurt Vonnegut.
La cieca fiducia nella tecnologia e nella scienza sono gli errori ripetuti in modo ossessivo nel XX secolo fino ad oggi, che solo apparentemente hanno declinazioni diverse ma un’unica, lontana, origine culturale.
L’inquietudine tecnocratica di questo inizio del secolo XXI parla di biotecnologie, sperimentazioni transgeniche su piante ed animali da trasferire agli esseri umani, trasformazioni e potenziamento del corpo umano, clonazione, resurrezione dei corpi, nascita artificiale: sono questi gli argomenti del dibattito attuale sulla scienza e la tecnologia, ma, si badi, i soggetti di questi argomenti sono stati espressi sin dal 1626.
Bacone profeta dell'"uomo nuovo" e delle politiche totalitarie e di controllo sociale.
Tutto è rintracciabile nell’epilogo dell’ultima opera “La Nuova Atlantide”, lasciata incompiuta, di Sir Francis Bacon, Visconte di St. Albans.
Francesco Bacone è considerato dai più come “il padre della civiltà industriale”, ma potremmo ben attribuirgli oggi anche la paternità della nuova era post-industriale: biotecnologica e genetica.
Bacone non aveva in mente il computer, ma la sua “profezia” guardava ad un regno organizzato da scienziati, dotti e tecnici secondo l’ideale della collaborazione scientifica concentrata ad un lavorio continuo per la creazione di un “uomo nuovo” … migliore.
Dopo Bacone, questa sua idea sarà continuamente ripresa e diverrà il motivo di fondo del positivismo per poi riversarsi, con l’idea della creazione del “uomo nuovo”, nelle ideologie politiche totalitarie del XX secolo in cui il controllo globale su di una società rigidamente divisa in classi passa, non soltanto attraverso le tecnologie della comunicazione, ma si realizza soprattutto attraverso il controllo numerico e genetico delle nascite e la somministrazione controllata di sostanze chimiche (vaccini, sieri genici e sostanze psicotrope) che intervengono sulle caratteristiche fisiologiche dell’individuo e sulla sua psiche.
Ad oggi, a quasi quattro secoli da queste ultime pagine de “La Nuova Atlantide” la profezia appare realizzarsi nel modo più disumano e proditorio.
Sir Francis Bacon predisponeva il pensiero che poi sarebbe stato di Cartesio, dell’illuminismo e del positivismo, che portava ad una nuova religione della scienza e alla promessa di un paradiso in terra, di un mondo migliore che gli uomini possono preparare per loro stessi, grazie alla conoscenza: una pericolosa idea dell’uomo che ottiene il potere sulla natura, l’idea di uomini simili a dei.
Una idea di umanità, dunque, che si sostituisce definitivamente a Dio.
La creazione dell’”uomo nuovo”: il progetto dei potenti globali di sostituirsi a Dio e alla natura.
In ogni caso il filo che unisce Bacone agli odierni mostri tecno-capitalisti sovranazionali e globali, negatori dello spirito dell’uomo e delle diverse genti, è quello del controllo sulla natura, spinto sino al dominio su di essa: dal Dio creatore onnipotente all’Uomo creatore onnipotente.
Il concetto di potere, non più fine ma mezzo per condizionare e corrompere la natura e l’uomo stesso, ed il concetto di creazione, un atto che dal nulla fa sorgere una realtà, sono trasferiti nella sfera mondana e riguardano tanto la natura esterna, che viene non soltanto modificata, ma plasmata come ambiente tecnologico, quanto la natura interna dell’uomo, spirituale e psichica, suscettibile non soltanto di essere manipolata, ma anche di essere prodotta e, dunque, creata.
È il transumanesimo.
L’illusione, dunque, è quella di poter determinare, attraverso i mezzi per controllare sulla vita biologica, un controllo sulla la vita degli altri, qui intesi nel senso più pieno, ovvero quali organismi viventi e sensibili, uomini compresi la cui identificazione nella vita biologica è quanto mai parziale. Infatti, quando, questa illusione guida la pratica applicata all’uomo, quest’ultima diviene terribile ed in prospettiva distruttiva.
Le idee di potere sul vivente e di creazione dal nulla come capacità dell’uomo della modernità, amplificate all’alba del terzo millennio con la fusione informatica e biotecnologica, spingono sull’orlo di un abisso con la promessa di salvare i nostri corpi sacrificando la dignità della libertà e lo spirto vivente e naturale, il divino che è in ogni uomo.
La “letteratura di anticipazione” prodotta da Bacone ne “La Nuova Atlantide” all’inizio del seicento non poteva riuscire a vedere i particolari di uno sviluppo concreto di una simile allucinazione mentre gli attuali epigoni globalisti di questa distopia non considerano la possibilità che qualsiasi loro desiderio o delirio di onnipotenza possa essere impedito.
In realtà, i corsi e ricorsi storici lo insegnano: il loro piano di disumanizzazione per quanto ben ideato e reso seducente alle masse ipnotizzate, non potrà funzionare.
È facile, infatti, comprendere come l’architettura su cui si regge questo “nuovo allucinato mondo” sia posticcia e precaria, basata su fragilissimi artifici tecnologici e ideologici che devono essere sempre aggiornati e modificati per rincorrere la meccanica evoluzione dell’ambiente naturale (che genera “varianti” evolute) affinché essi stessi non scadano rendendosi inutilizzabili, dannosi, contraddittori e autodistruttivi.
La pericolosa fragilità di mondo artificiale svincolato dalla legge naturale.
A causa delle fragilità e del labile equilibrio di questo sistema, basato solo sulle mutevoli intenzioni umane e non su invariabili leggi naturali, l’unico ambiente che la tecnologia e il pensiero baconiano ammettono è, infatti, un ambiente senza alcuna relazione con il mondo naturale e le sue leggi, ovvero un ambiente asettico, alieno e alienante: torri d’avorio popolate da sacerdoti scientisti che hanno come referente sé stessi, che evitano il confronto con la natura e con Dio anzi ponendosi in competizione con essi.
La prima di questa fragilità del mondo che il “dio-uomo” vorrebbe creare ed imporre, può essere esposta tramite l’esempio delle instabilità logistiche e biologiche delle colture OGM le cui performance di resistenza ad un particolare parassita (ad esempio) prevedono un continuo aggiornamento che insegua la naturale evoluzione darwiniana del parassita: di stagione in stagione, quindi, un laboratorio privato, da qualche parte nel mondo, si sostituirà al ciclo evolutivo della coltura e dovrà sintetizzare e registrare il brevetto commerciale di un altro genoma di quella stessa pianta che sia immune alle nuove generazioni di parassita sopravvissute e quindi più attrezzate geneticamente a vincere le resistenze della “nuova pianta” in vitro.
Così il “dio-uomo”, con una corsa contro il tempo deve modificare la natura in modo costante affinché la parte di natura non controllata, tramite le regole evolutive naturali non annulli e neutralizzi la modifica sintetica di laboratorio.
E così per sempre e costantemente se si vuole evitare il tracollo commerciale ma soprattutto una implosione istantanea dell’intera “nuova realtà” costruita dall’uomo e solo da lui, in modo autoreferenziale come la sua tecnologia.
Per questo tipo di distorta tecnologia autoreferenziale e mercantile, la natura è semplicemente un pozzo al quale attingere, un nemico da soggiogare e una discarica in cui gettare ciò che non serve.
Al disastro ecologico si sostituiscono i beni artificiali e le merci in vendita.
Paradossalmente il corpo dell’uomo del transumanesimo bio-chimico, esattamente come le piante OGM, geneticamente modificato e dalla “etologia” alterata, diviene oggetto al pari di altri beni prodotti industrialmente per essere venduti ed acquistati a prezzo di mercato o affinché esso stesso sia mercato.
L’attualità dell’”uomo nuovo” senza umanità e ridotto a mera merce.
L’“uomo nuovo” immaginato da Bacone e che si sta concretizzando sotto i nostri occhi, travalica la logica darwiniana: non è evoluto, è creato all’abbisogna, è più artefatto, tecnologico, condizionabile, programmabile, abbondante in numero e tutto sommato economico: il migliore dei prodotti.
Su queste strategie di alterazione della natura e dell’identità umana che diventa merce, ad esempio, nascono e trovano giustificazione le discutibili analogie, il disastroso fraintendimento, tra cervello umano e computer, i quali evidentemente appartengono a due differenti domini e vengono, ormai, trasformate, nell’immaginario, in identità: le informazioni contenute nel cervello umano possono, si ritiene in un’altra versione del medesimo delirio di onnipotenza, essere interamente trasferite in un computer e quindi essere duplicate, vendute e di nuovo reinstallate.
Arrogantemente e con meri fini commerciali legati alla futura gestione dei bigdata, la teoria “postumana” ideata da Bacone e attualmente sostenuta dal World Economic Forum si dimentica che il cervello umano è un organo ma ciò che contraddistingue l’uomo è la mente, sede delle interazioni e rielaborazioni delle nude conoscenze che formano la coscienza, la quale è difficilmente concepibile come mera routine cognitiva o memoria di informazioni da scambiare, rivendere e reinstallare altrove.
No, non funziona così.
I limiti morali e spirituali della “nuova umanità” e di un mondo ingiusto.
Come se ridurre l’uomo in merce non fosse già una caduta morale irrecuperabile, a queste debolezza tecnologiche, di coerenza e di gestione del sistema, fin qui descritte, si associa una fragilità filosofica e, appunto, morale della prospettiva baconiana, derivante, invece, dal fatto che questo tipo di riferimento di pensiero che pone la misura della scienza e lo strumento della tecnocrazia come efficientissime risorse per l’evoluzione umana, è tipico dell’atteggiamento mentale interno alla gran parte degli ambienti scientifici che sviluppano a processi tecnologici, i quali, in modo anti paradossale e antiscientifico, incorporano irragionevolmente una logica unilineare, che si pretende oggettivamente necessaria, univoca e quindi anche unilateralmente giusta.
In questo tipo di ragionamenti vige lo scientismo che porta ad un determinismo tecnologico dogmatico che non lascia spazio ad alternative e rigetta come antiscientifica o irrazionale ogni altra posizione, anche la più ragionevole, anche la più trascendente e spirituale, anche la più umana.
Ma è bene ricordare, ancora una volta, come questo pensiero che si erge a dominatore della natura ed a creatore del mondo, sia profondamente parziale, portatore di una epistemologia errata e sempre eticamente ingiusto.
La stessa idea di “creazione” messa in atto dall’“uomo nuovo” di Bacone è definibile in modo deistico (la ragione che verifica Dio) come desiderio di onnipotenza accompagnato dal rifiuto della responsabilità: una fede parziale e strumentale, quindi, che nega ogni principio di codeterminazione e di coevoluzione; nega, cioè, le necessità etiche e morali socialmente condivise e di ispirazione sovrannaturale che stanno al fondamento della possibilità di vita e di vita umana in particolare.
Un tale cieco dogmatismo del pensiero scientista e tecnologico che porta l’uomo alla sua auto-evoluzione, appare mimare una metafisica capacità divina insita nell’uomo e in oltre contrasta con il più umano e realmente positivo e naturale atto di evoluzione: nell’evoluzione umana, nel senso più ampio concepibile, è centrale l’atto della relazione tra individui che implica appunto il riconoscimento e la cura dell’altro, la reciproca determinazione, la guida del divino che, come è giusto che sia, verifica l’uomo.
Si potrebbe dire che il transumanesimo ante litteram di Bacone non sia soltanto portatore di un “dio-uomo” creatore attraverso la rinnovata fede nella scienza dogmatica e nel progresso tecnologico, ma che miri a sostituire e manomettere fino alla totale cancellazione la stessa capacità di evolvere e alimentare la vita sentimentale ed etica in relazione alle esigenze di una nuova era di viventi umani merci da lavoro ricchi di conoscenze tecniche ma insufficienti allo sviluppo spirituale senza alcuna unicità e pertanto fungibili.
Dalla “Nuova Atlantide” di Bacone al Grande Reset di Klaus Schwab.
Appare ora chiaro e legittimato nella sua matrice culturale primigenia ciò che è ormai noto come il Grande Reset teorizzata da Klaus Schwab (la “cancellazione”: un altro tentativo di suicidio) con tutto il suo armamentario di false ideologie mercenarie e mercantili che in questi anni stiamo vivendo sulla nostra pelle e che conducono inesorabilmente, attraverso un dogmatismo tecnocratico e sanitario, alla negazione dell’essenza naturale e divina dell’uomo: il transumanesimo ideato da Sir Francis Bacon nel 1626 e oggigiorno perseguito con ferocia e cinismo dai suoi epigoni plutocrati e curiali, ha cominciato col sostituire la cultura con l’ipnosi e con il costringere l’umanità all’inoculazione di un siero genico di proprietà privata affinché gli sia concessa una identità in un “QR code” accessibile al Leviatano che ne dispone e ne gestisce i dati, in un delirio transumano che è arrivato a concedere la libertà di vivere solo ai seguaci inerti e commercializzabili di questa nuova normalità.
In pochissimo tempo, dopo solo due anni di regime sanitario e della paura, molto del immaginifico di Bacone è stato realizzato, molti dei desideri perversi di quei potenti che tengono l’umanità in sommo disprezzo si sono avverati seguendo le linee di un diabolico programma, ma, con buona pace delle intenzioni di Bacone, tutto ciò non porterà all’“uomo nuovo”, ad un uomo migliore che basta a sé stesso come un dio; la distorsione scientista e tecnocratica, la scienza che diventa dogma, la filosofia che perde l’uomo, le cancellazione dell’etica, la negazione delle leggi naturali creeranno un simulacro di umanità mercificata, condannata alla solitudine sociale, alla negazione di sé, in una costrizione amorale priva di luce divina, in una cattività corporea buona solo per la produzione: il futuribile distopico luogo chiamato Nuova Atlantide, come immaginato da Sir Francis Bacon nel 1626, e che tanto ispira le azioni dei governanti e dei padroni del mondo presente, è abitato solo da uomini schiavi.