Le colpe sono datate e non sempre riconducibili a responsabilità locali, anche se l'ascarismo ha contribuito con decisione alla scarsa considerazione da cui è afflitto da troppo tempo il nostro territorio. In ogni caso lo stato dell'arte, se prima era valetudinario, ora è francamente tendente al tragico.
Questo impone ai volenterosi che avessero ancora speranza di costruire qualcosa per città e territorio una riflessione che giochi su orizzonti ampi e non strettamente locali.
Dato per acquisito un comune sentire, che ameremmo definire umanistico, tutto calato sull'attenzione all'essere in netta contrapposizione al luccichio dell'avere, il partito democratico cui apriamo la nostra proposta deve iniziare un percorso "rifondativo" che abiuri il privilegio ottuso della vastità dei nuclei familiari e che si indirizzi invece verso l'essere un laboratorio di cittadinanza che faccia cento su una propria autonoma dignità nella ricerca di una soluzione di progresso per l'intera comunità.
Puntualizziamo che questa identità del Partito Democratico non è negoziabile né diluibile, pena l'uscita dal perimetro del centro sinistra e deve essere frutto di intima convinzione che garantisca un ancoraggio ideale e, se possibile, ideologico, che, pur rispettando nella totalità il gioco democratico, si oppone a qualunque innaturale commistione, permanente o temporanea.
Tanto consente di tornare a parlare di Partiti e non più di associazioni di caporalato.
I Partiti sono depositari di ideologie e di idealità, i caporali, proprietari di tessere e gestori di potere spicciolo, sono escrescenze tumorali della politica, senza ancore ed affidabilità.
Spiace dirlo ma il 1992 rappresenta non solo uno spartiacque della moralità in politica ma certifica anche la morte dei Partiti, pur essendo essi previsti in Costituzione, trasformati d’emblèe in riserva di caccia di leaders opinabilissimi e di non certa cultura, politica e non.
Il potere politico non è meno legittimo di ogni altro potere, dello Stato, e però è stato individuato tout court come il male totale, unico ed assoluto d'Italia.
Senza sforzarsi a fare Storia, una sbirciatina alle lezioni di Storia del Prof.Braudel offre una ulteriore appiglio a questa impostazione.
"La ricchezza corre al centro", affermava il cattedratico francese e cosi spiegava perché l'area europea più ricca fosse quella compresa nel triangolo Milano-Parigi-Berlino, centro del centro del commercio, e perché più che di un Sud povero perché Meridione ci fosse da ovviare alla debolezza economica di tutte le periferie de] grande Centro.
Italia Meridionale, Portogallo, Irlanda del Nord, Grecia, scontano tutte la periferia rispetto al triangolo commerciale europea, senza bisogno di essere Sud.
Ma se questo e, e lo 6, nulla vieta che possa nascere un altro Centro, un Centro allocato nel Mediterraneo, dove, oltretutto, e stato fino al 1492 ed oltre.
Perseguire un disegno del genere non 6 meditazione vana o esercizio di pura fantasia 6, invece, ricercare la ragione sufficiente per reclamare un diritto alla vita da parte de "periferici" europei attuali che non vogliono morire di marginalizzazione. Tornando a noi, quindi, se ora 450 mila cittadini e, non più 170 mila, reclamano una loro via al futuro, un po' di attenzione i governanti nazionali devono riservarla questa "quantità" di abbandonati.
E se i governanti si scuotono dalla loro apatia, scopriranno che infrastrutturare la riva jonica non e per nulla operazione a perdere, ma anzi costituisce moltiplicatore d ricchezza per le casse della Nazione. A questa disamina politica che prova a fotografare un percorso di uscita da un isolamento sempre più greve, e da connettere una visione di dinamismo governativo ed amministrativo che, per larghi tratti, e a noi poco conosciuto. Le tante problematiche irrisolte, le pesanti situazioni oggettive, gli strumenti de PNRR e delle politiche di coesione che connotano la spinta dell'Europa verso L modernità, pretendono nuove modalità di gestione della cosa pubblica. Il nostro impegno, per quel che riguarda le responsabilità territoriali, dovrà essere indirizzato alle seguenti priorità:
- A) Una profonda rivisitazione e rimodulazione della macchina amministrativa comunale, da riorganizzare ed innervare di professionalità idonee alle sfide del 21° secolo;
- B) Quindi concorsi e selezioni vere, senza sotterfugi consentiti da legislazioni fumose;
La stessa infrastrutturazione, necessaria a qualunque comunità civile, qui stenta ad avere cittadinanza perché l'intera riviera jonica viene considerata "zona desertica". Per lo meno quanto alla possibilità di intrapresa, per lo meno dalla fine dell'era delle fabbriche, per lo meno da quando la politica è diventata appannaggio di orbi di ogni età, estrazione, collocazione partitica. Insomma noi non rispondiamo a nessuna esigenza superiore, né nazionale né, molto più colpevolmente, regionale, con l'aggravante che il personale politico indigeno non ha mai elevato voce indignata verso questo irricevibile deminutio. Se il Mezzogiorno è in ritardo infrastrutturale, noi siamo ancor più penalizzati da une perifericità obbligata verso la riva Tirrenica ed imposta, altresì, dalla centralità del capoluogo di Regione che, naturalmente, guarda verso essa.
Appurata questa realtà, è ovvio che la ricerca primaria del personale politico locale non può non tenerne conto e pensare di conseguenza.
E' ovvio, vitale diremmo, che di una infrastrutturazione abbiamo necessità come del pane, e però dovremmo offrire dei perché ai padroni del vapore, che dal canto lori hanno sempre dimostrato un colpevole, penalizzante, strabismo. Posto che i 170 mila abitanti della Provincia di Crotone sono oggettivamente esigua per potervi poggiare saldamente i piedi della rivendicazione, e che, d'altro canto, i tessuto commerciale e più ancora le direttrici economiche sono praticamente assente nel nostro paesaggio, si può, e si deve, iniziare ad irrobustire la platea di cittadinanze abbandonata ma vogliosa di riscatto.
Ecco la necessità della Provincia della Magna Grecia. Preliminare e necessaria. Epperò non sufficiente.
Perché questo dato di partenza deve essere seguito da una proposta progettuale che individui il Mediterraneo quale volano di sviluppo e luogo di cerniera fra l'Europa (le potenzialità Afro-MedioOrientali, facendo, comunque, già conto sull'importanza ipertrofica del Canale di Suez, transito del commercio Cino-Indiano versi l'Occidente, che ha nuovamente acquisito centralità ed importanza quantomeno par alle rotte Atlantiche e certo superiore a quelle del Pacifico. Sulle rive del Mediterraneo si giocano i destini NATO, approdano le condotte del gas Siberiano ed Orientale, giunge la Via della Seta e la Calabria, anche se non solo, ma certamente anche, è naturale pontile del Mare Nostrum.
- C) Razionalizzazione e potenziamento dei servizi tenendo conto degli ambiti territoriali anche con il ricorso ai consorzi tra Comuni;
- D) La rapida realizzazione di nuovi strumenti urbanistici quali il piano di coordinamento territoriale (Provincia), il Psc con piano delle coste e delle spiagge, il prg portuale, per poter ridisegnare la città per troppo tempo abbandonata a piani regolatori disegnati secondo le aspettative della rendita fondiaria a cui si è aggiunto un eccesso di permissività nei confronti dello "spontaneismo" edilizio.
La conseguenza è sotto gli occhi di tutti: Crotone appare sempre meno una città e sempre più un agglomerato di quartieri senza logica ed identità. Le attività produttive languono per mancanza di capitali privati, di raro management all'altezza e lontananza dai mercati. La città non si è mai ripresa dalla crisi industriale e dal fallimento delle iniziative della reindustrializzazione; il turismo non è mai decollato anche in conseguenza della "criminale" cementificazione della costa; l'agricoltura è ormai attività di pochi ed occasione di mera speculazione assistenzialistica di molti. Il commercio arranca in quanto agganciato a modalità ormai superate e condizionato da un reddito collettivo esangue e, inoltre, penalizzato dalla concorrenza dei vari discount della periferia nord tutti rigorosamente a capitale non crotonese. Queste situazioni vanno affrontate partendo dalla labilità delle nostre infrastrutture sempre più precarie ed anacronistiche e dalla ferrea e determinata volontà a pretenderne il potenziamento ed il rilancio. Se è vero che il destino della s s 106 è appeso alla volontà ed alla sensibilità dei governi centrali , le problematiche afferenti aeroporto e porto pretendono immediate istanze dal territorio ; lo scalo di S. Anna non può continuare ad essere gestito dalla Sacal in quanto società che nella compagine sociale privata (49%) fu costituita da portatori di interessi incardinati su Lamezia e di conseguenza relega lo scalo jonico ad attività solo marginali e ,per questo ,precarie ; non si può ignorare quanto sarebbe decisivo per il territorio l'installazione di linee cargo che di fatto consentirebbe l'avvio di soluzioni logistiche che darebbero nuovo respiro alla fascia jonica centro nord .
Allo stesso modo è urgente pretendere che il porto di Crotone abbia un nuovo piano regolatore che preveda l'ammodernamento e la compatibilità con il resto della città; l'Autorità di bacino di Gioia Tauro anziché ipotizzare palazzi demaniali faccia al più presto conto, dopo tanti anni, delle concessioni in essere ed attuali aggredendo gli opifici abusivi.
Aspettando che si concluda il parziale restyling della ferrovia, va richiesta con forza la inter- connessione con le linee e le reti che portano a nord.
Nel frattempo non si può ignorare che L'Europa ha lanciato la sfida della sostenibilità ambientale e della efficienza energetica ; il nostro territorio vanta la presenza di vari impianti di produzione di energia ormai datati e da compatibilizzare pretendendo ricadute in modo da favorire attività collegate e trasferimento di know-how ; è fondamentale accogliere ma non farsi colonizzare .Al riguardo sarà importante impostare un nuovo modello di relazioni con il partito nazionale e regionale superando le tendenze del passato al vassallaggio e proponendosi invece come entità federale.
In questa ottica va posta anche un questione delicatissima: Crotone e gli altri Comuni dovranno fare i conti con fenomeni e problematiche mai affrontate prima, magari qualche volta accuratamente elusi: il dissesto idrogeologico con la conseguente erosione del suolo e delle coste
Questa ulteriore emergenza ,aldilà della sua drammaticità ,impone serietà ed oculatezza nelle scelte di programmazione e progettazione ,non solo per intercettare risorse esterne indispensabili per approntare le soluzioni necessarie ,ma anche per dare continuità e coerenza a linee strategiche ,queste sì essenzialmente politiche :Prendere atto di una comune minaccia richiede unità e compattezza per aumentare la forza contrattuale nei confronti dello Stato e della Regione .Da soli non avremmo la forza di affrontare queste sfide e la capacità di coinvolgere fattivamente altre "prefetture" politiche ,senza divenire succedanei, sarà il parametro di valutazione di rana intera classe dirigente.
Particolare attenzione va rivolta alla problematica del lavoro per contrastare l’endemica e terribile fenomeno della disoccupazione per garantire una posizione sociale ai nostri giovani che malgrado tutto non hanno un punto di riferimento per dare sfogo alla loro teorica professionalità raggiunta attraverso la formazione ma scarsamente utilizzata per effetto di una slegata coniugazione fra mondo del lavoro e politica.
La questione si è aggravata inesorabilmente con la nova legge attraverso la quale si attinge a graduatorie di concorso a tempo indeterminato approvate da Enti appartenenti al comparto “Regioni e Autonomie Locali” mortificando così i nostri ragazzi che nonostante tutto sono costretti ad emigrare altrove per trovare un posto di lavoro. Ora le unità lavorative arrivano da fuori mentre i nostri ragazzi sono lasciati a morire di inedia. Non è giusto e umano. Il PD deve farsi carico di questo gravoso problema. Ecco perché ci vuole una “rifondazione” del partito facendo appello a tutti coloro che hanno spirito progressista, capacità e competenza nei vari settori dell’economia crotonese. Altro che si va in giro raccogliendo tessere che non hanno nessun valore qualora queste non si tramutano in attività sociali che consentono di migliorarci attraverso un senso civico.
Se da un lato vi è impedimento nell’inserimento di lavoro nelle istituzioni locali, spetta alla politica orientare soluzioni in collaborazione con le imprese locali implementando attività produttive e di servizio capaci di realizzare posti di lavoro. Ogni cittadino ha il diritto di crearsi una famiglia base essenziale dell’umana esistenza.
Da qui la necessità di pensare a una rivoluzione urbanistica e ripristinare gli strumenti essenziali per poter affrontare con più capacità operativa attraverso entità giuridiche come Il Nucleo Industriale, Stu Porto, La Stu Stazione, Crotone Sviluppo, ecc. Strumenti operativi indispensabili per la nostra economia spariti nel breve volgere di anni a causa della miopia dei nostri amministratori. Costoro hanno causato un danno enorme, forse irreparabile, aggravato dalla dismissione del sito industriale della nostra città.
Da qui urge una coesione politica che permette di concentrare risorse finanziarie e programmi specifici prendendo spunto dalla risorse naturali e culturali e paesaggistiche ereditate e mai saputi sfruttare. Pertanto occorre cogliere l’occasione del Congresso per una ripartenza sociale in grande stile per un futuro brillante a gradimento di noi Crotonesi.
Al documento politico aderiscono iscritti al Pd e associati dei “Progressisti QPO”:
- Gaetano Grillo
- Antonio Carella
- Salvatore Mastroianni
- Antonio Truglio
- Giovanni Guarascio
- Giuseppe Cosentino
- Umberto Frontera
- Tommasino Sinopoli
- Ernesto Falbo