Era il 2009 quando l'oggi sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei ministri, Graziano Delrio, partecipò alla processione del Santissimo Crocifisso a Cutro. In quel maggio di circa cinque anni fa, Delrio era candidato a sindaco di Reggio Emilia. Nel 2012 era stato poi sentito dalla Dda di Bologna come persona informata sui fatti per chiarimenti sui rapporti tra le comunità calabrese ed emiliana. «Ci pare di dover sottolineare come un politico, pur avveduto e impegnato per l'affermazione della legalità, come Delrio sia stato vittima inconsapevole di quel 'linciaggio mediatico' alimentato ad arte dalle cosche e dai loro complici, tra cui anche alcuni giornalisti». Sono queste le considerazioni che esprime adesso Libera informazione nel Dossier 2014-2015 sulle mafie in Emilia-Romagna che oggi è stato presentato a Bologna. Il dossier si esprime anche in merito all'inchiesta "Aemilia" [LEGGI ARTICOLO] e al ruolo dell'ex sindaco di Reggio Emilia Delrio. E se il 'linciaggio' di cui parla Libera «è successo a lui - si legge nel dossier - spiace doverlo rimarcare, significa che molta strada deve essere ancora percorsa dalla politica di queste terre per cogliere in pieno il senso della minaccia alla civile convivenza che è rappresentata dalle mafie». Dalle carte dell'inchiesta non è emerso nulla di penalmente rilevante a carico di Graziano Delrio. Per il giudizio di Libera, però, «sicuramente c'è stata una sottovalutazione» della situazione da parte di Delrio. L'interessamento al ruolo di Delrio nell'inchiesta, sempre in qualità di ex sindaco, è approfondita ancora nel dossier di Libera quando si fa menzione all'appuntamento chiesto da Delrio all'allora prefetto De Miro per discutere di alcune interdittive antimafia a carico di alcuni esponenti cutresi che lui accompagnò dall'ufficiale di governo. «Contro la prefettura - scrive Libera - le cosche scatenarono un tritacarne mediatico, strumentalizzando la comunità calabrese di Reggio Emilia, e Delrio ci finì dentro», nel tentativo di «comporre esigenze diverse» come i provvedimenti antimafia della prefettura e gli imprenditori calabresi che si lamentavano.