L'arte bianca
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CROTONE Costano 36.895.157 euro all’anno le erogazioni sanitarie garantite da sette strutture private che operano nella provincia di Crotone. È quanto si evince dalla delibera numero 483 del 10 ottobre scorso emanata dalla commissaria dell’Azienda sanitaria provinciale di Crotone, Monica Calamai, con la quale sono stati prorogati i contratti che erano stati sottoscritti per il triennio 2022/2024 per acuti e postacuti.

Una montagna di soldi dati alla sanità privata perché, ormai, la sanità pubblica non riesce più a garantire i bisogni dell’utenza. Nulla da eccepire sulla legalità della scelta, anzi è un bene che vi sia la sanità privata quando quella pubblica fa cilecca e non ha più nemmeno i medici per coprire tutti i turni nelle proprie strutture ospedaliere.

Il problema che fa arricciare il naso è rappresentato dal fatto che viene finanziata la sanità privata anche quando le medesime prestazioni vengono erogate negli ospedali pubblici. Oppure quando il pubblico rinuncia per non disturbare il privato. Succede così che, con i soldi dello Stato e della Regione, il privato fa anche la concorrenza al pubblico e il più delle volte ha la meglio. A Crotone, questa sanità privata (7 strutture) incassa intanto 37 milioni di euro all'anno. 

La ripartizione fra le sette strutture contenuta nella delibera

Purtroppo non è una scelta fatta solo a livello di Crotone. Ormai la sanità a livello nazionale è, nella maggior parte dei casi, nelle mani dei privati e viene erogata grazie ai finanziamenti pubblici. Nella delibera che proroga il servizio e, quindi, i finanziamenti, Calamai evidenzia che: 

le strutture private accreditate presenti nell’Asp di Crotone collaborano con il servizio sanitario pubblico ed erogando prestazioni incluse nei Livelli essenziali di assistenza (Lea) contribuiscono così al miglioramento dell'accessibilità e dell'efficienza del sistema sanitario pubblico perché, complementari ad esso, assicurano nell’ambito dei ricoveri per acuti prestazioni ospedaliere ad alta complessità impattanti sulla mobilità sanitaria passiva e nel campo dei ricoveri post-acuzie, o di lungodegenza, rendono possibile la prosecuzione delle cure per pazienti che hanno superato la fase più critica di una malattia ma necessitano di ulteriore recupero funzionale, riabilitazione, o cure avanzate, non potendo ancora far rientro al proprio domicilio

E menomale che questo sistema è teso a ridurre l'emigrazione sanitaria, in quanto, i dati che arrivano dal monitoraggio nazionale dicono che, il problemi dei problemi, quello che cioè crea un esborso multimilionario per la sanità calabrese, è proprio questo: chi sceglie di cuirarsi fuori regione!


 

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