Guardia penitenziaria incastrata da un agente di Polizia sotto copertura
L'agente si è finto un imprenditore nautico interessato a contattare un detenuto straniero, ritenuto tra gli scafisti del tragico naufragio di Cutro
CROTONE È stato un agente sotto copertura del Servizio centrale operativo della polizia di Stato specializzato in reati contro la pubblica amministrazione ad aver inchiodato l'assistente capo della polizia penitenziaria Giuseppe Giaquinta, di 52 anni, in servizio al carcere di Crotone.
L'uomo è stato arrestato questa mattina dalla squadra mobile che gli ha notificato una ordinanza di custodia cautelare in carcere con le accuse di corruzione, rivelazione di segreti d'ufficio, falso e accesso indebito a dispositivi idonei alla comunicazione da parte di detenuti della casa circondariale di località Passovecchio.
In cambio di somme di denaro, che avrebbe ricevuto direttamente dai detenuti o dai loro familiari, l'agente avrebbe introdotto nella struttura micro cellulari e smartphone, fatto sapere che nella sala colloqui, della quale era addetto, erano installati apparecchi per le intercettazioni, millantato rapporti con un magistrato di sorveglianza per fare ottenere benefici ai detenuti, fatto ottenere colloqui aggiuntivi con le famiglie.
Il costo dei suoi servizi poteva variare dai 100 ai 3.000 euro, secondo quanto emerso dalle indagini che si sono basate su intercettazioni, osservazioni, ma soprattutto sul contributo del poliziotto sotto copertura che ha avvicinato Giaquinta fingendosi un imprenditore nautico interessato a contattare un detenuto straniero.
Sulle prime l'agente della penitenziaria avrebbe obiettato di non poter dare alcuna informazione ma subito dopo si sarebbe dimostrato molto più disponibile ad ascoltare le richieste e così l'agente sotto copertura gli aveva manifestato la necessità di recapitare un messaggio e un telefono cellulare a un uomo di nazionalità turca, nello specifico uno degli scafisti coinvolti nel tragico naufragio di Cutro, che in realtà era all'oscuro di tutto.
Giaquinta, quindi, aveva chiesto all'imprenditore di portargli il telefonino e 1.500 euro assicurandogli che entro due giorni lo avrebbe recapitato al turco, inoltre avrebbe potuto fargli arrivare anche denaro che eventualmente i familiari avessero voluto inviargli.
Nell'ordinanza di custodia cautelare in carcere firmata dal gip del tribunale di Crotone, Assunta Palumbo, sono riportati numerosi altri episodi che dimostrano come l'assistente capo della Penitenziaria offrisse un vero e proprio pacchetto di servizi: sono in tutto sedici i capi d'imputazione contestati a Giaquinta.
Il giudice ha poi respinto la richiesta di arresto per altre dodici persone, tra detenuti e familiari, che risultano indagate per le stesse vicende. (AGI)

