L'arte bianca
L'arte bianca
L'arte bianca
L'arte bianca

CROTONE «Quella che vi racconto non è solo una scelta sindacale. È una scelta di vita». Sono queste le parole scelte da Fabio Tomaino, per introdurre a una folta platea, intervenuta questa sera presso il museo del Mare e della terra sulla via per Capo Colonna, la sua adesione alla sigla confederale Confial, guidata in precedenza a Crotone dall'editore Antonio Carella

Il primo segretario Confial a Crotone, Antonio Carella

A poche settimane dalla sua burrascosa chiusura con la Uil, sindacato di cui Fabio Tomaino aveva assunto le redini in ragione del meritato riposo raggiunto dal padre Mimmo, il neosegretario Confial ha scelto di chiarire passato e futuro davanti a un pubblico di fedelissimi, fatto anche di nuove adesioni e davanti a un parterre politico di tutto rispetto: con il sindaco Enzo Voce in prima fila e poi i segretari di partito Sergio Torromino, (Forza Italia), Simona Ferraina (Fratelli d'Italia), Leo Barberio (Pd) e Mario Galea (Italia viva); il presidente del consiglio comunale Mario Megna e il delegato di governo a Papanice Antonio Megna

A consacrare il passaggio di consegne al nuovo segretario generale anche la presenza del leader nazionale Benedetto Di Iacovo (anche lui con un passato nella Uil ai massimi livelli calabresi). Al tavolo della presidenza inoltre, a testimoniare l'assetto già pronto, hanno presenziato Fabio Siciliani per la Scuola, Roberto Piperis per gli Enti locali, Giovanni Mungari per l’Igiene ambientale e Ilenia Lucà responsabile dei Servizi

Tomaino ha subito tenuto a precisare che, crescendo, è entrato anche lui «in quella casa», ma senza ottenere «privilegi o scorciatoie». Dopo qualche anno di gavetta, ha precisato il dirgente sindacale «senza alcuna investitura "dinastica", ho iniziato a collaborare in una piccola stanza della Uil di Crotone». «Facevo conteggi per le vertenze – ha ricordato Tomaino – e supportavo le categorie. Non è stato facile: ho dovuto dimostrare a tutti, con fatica e dedizione, che anche il figlio di un sindacalista poteva essere un sindacalista per scelta, non per eredità». 

«Ho dimostrato – ha rivendicato Fabio Tomaino – che si può essere “figlio d’arte”, sì… ma con dignità, impegno, sacrificio. Ci sono voluti vent’anni. Venti anni di lotte, piazze, vertenze, occupazioni, trattative e contrattazioni. Venti anni di gavetta». «Poi, proprio quel gruppo dirigente – ha ricordato con orgoglio Tomaino –, che all’inizio mi guardava con scetticismo, fu lo stesso che, democraticamente e unanimemente, mi chiese di guidare la Uil di Crotone. Un onore immenso. Con orgoglio, da quel momento, ho continuato a rappresentare il territorio e i suoi lavoratori sul campo, con spirito di servizio e senso di comunità».

Ma a questo punto Tomaino ha chiuso il libro dei bei ricordi per lasciare spazio alle vicende dell'ultimo periodo che hanno visto i rapporti pian piano incrinarsi, fino a spezzarsi con quel sindacato che lo aveva preso per mano fin dalla tenera età. «Ho commesso degli errori?» si è interrogato Tomaino nel corso dell'iniziativa. «Sicuramente sì – si è risposto –. Soprattutto all’inizio. Ma c’è una cosa che non ho mai fatto: Voltare le spalle ai lavoratori. Perché io ho sempre creduto, e lo credo ancora oggi, che non puoi rappresentare chi non conosci. Che non puoi difendere i diritti se non vivi i problemi. Che non puoi fare sindacato da lontano». Ed ecco che appaiono subito chiari alla platea attenta i motivi che hanno portato alla rottura con la Uil.

«Poi qualcosa è cambiato – ha sostenuto Tomaino –. Le scelte sono diventate fredde, calate dall’alto. La voce dei territori è stata ignorata. Si è tentato di trasformare la presenza nei luoghi di lavoro in un problema. Chi era troppo visibile, dava fastidio. Chi chiedeva rispetto per i lavoratori, diventava un ostacolo. Chi proponeva soluzioni, veniva isolato. E quando hanno capito che non ci saremmo mai seduti, che non avremmo mai mollato le piazze, le aziende, i lavoratori, hanno tirato fuori il disegno della regionalizzazione».

Dunque l'accentramento di poteri dal regionale, ha portato Tomaino e il gruppo dirigente che lo ha seguito nella nuova avventura di Confial a lasciare il sindacato in pianta stabile. «Una manovra verticistica, accentratrice – ha denunciato il sindacalista –, che depotenzia i territori, mortifica la rappresentanza di prossimità, annulla il dialogo reale con le persone e marginalizza chi è abituato a costruire il consenso nei luoghi di lavoro, e non nei corridoi del potere. Ma noi non ci stiamo. Non ci pieghiamo a una logica di yes men, di obbedienza cieca. Non ci interessa un sindacato in smart working, lontano dai problemi. Noi abbiamo scelto di rimanere nei luoghi di lavoro, con i piedi ben piantati tra la gente. Di difendere l’autonomia dei territori e proteggere ciò che è nostro. Crotone ha il diritto di contare. Con coraggio. Con orgoglio. Con dignità». 

«Così il 23 maggio scorso – ha ricordato Tomaino – mi sono dimesso. Con la testa alta. E con il cuore pesante. Non contro qualcuno. Ma per qualcosa. Per difendere una visione di sindacato che sia presente, partecipato, libero, autonomo. Un sindacato che non si limita a raccontare i problemi, ma li affronta. Che non si spaventa di fronte alle difficoltà. Che non cerca consenso, ma conquista fiducia. E allora sì, abbiamo scelto di voltare pagina».

«Abbiamo scelto Confial» ha annunciato orgoglioso ai presenti intervenuti all'iniziativa pubblica Tomaino. Una casa nuova, che riconosce il valore della nostra storia. Un sindacato moderno, radicato nei territori, che mette i lavoratori al centro. Non più ai margini. Non più spettatori. Ma protagonisti».

Quindi una nuova “stoccata” di fioretto all'ex sindacato d'appartenenza. «Si è cercato di trattenere dirigenti e rappresentanti sindacali – ha rivelato Romaino – con domande del tipo: "Stai con Senese o con Tomaino?" Ma non è questa la domanda giusta. La vera questione è: stai con i lavoratori o no?». Il vero problema per il sindacalista è che le vertenze importanti del territorio «sono finite nelle mani sbagliate»: a partire da Congesi, passando per Abramo cc e a finire con la bonifica. 

«E invece di riflettere sul perché tanti dirigenti, rappresentanti sindacali e lavoratori hanno scelto di seguire non Tomaino ma un progetto innovativo e moderno – ha incalzato ancora il sindacalista –, ricorrono a mezzucci cercando di animare una fuffa condominiale che non interessa a nessuno. Ma attenzione a come si usa la lingua altrimenti saremo costretti a zittirvi», ha avvertito l'ex segretario all'indirizzo della dirigenza Uil.

«E allora, qualcuno si chiede – ha rincarato Tomaino –: “Chi ha lasciato la Uil?” La vera domanda è: “Chi è rimasto?”. Gli stessi nomi da trent’anni, le stesse cariche, le stesse logiche. E intanto, i giovani restano ai margini. Le idee nuove non trovano spazio». L'ex segretario l'ha definita una «deriva» che ha «progressivamente spinto l’organizzazione verso un modello più conflittuale, spesso appiattito su posizioni vicine alla Cgil, e sempre più distante da quella vocazione riformista, inclusiva e contrattualista che ne costituiva la forza storica».

«Perché se si vuole tutelare, per esempio e prima di tutto – ha attaccato Tomaino –, la sicurezza dei lavoratori bisogna farlo nei luoghi di lavoro con il coraggio di denunciare e non sotto i gazebo per farsi le foto tra amici, lanciando proclami inconsistenti. Il sindacato ha una grande forza, i propri Rls che sui luoghi di lavoro potrebbero svolgere un’azione di prevenzione e denuncia, e invece vengono abbandonati a sé stessi come pennacchi di una sterile rappresentatività». 

Nel richiamare l'esperienza dei lavoratori Abramo, riconvertiti alla dematerializzazione della cartelle sanitarie, Tomaino ha quindi invitato istituzioni a politica nel ricalcare il modello sulla bonifica. «È necessario ribaltare l'inquadratura del problema – ha sostenuto Tomaino – considerando opportunità e occasione ciò che oggi vediamo soltanto come vincolo, limite e ostacolo alla crescita del territorio. Ciò non significa abbandonare le azioni di lotta per difendere ambiente e salute dei cittadini, ma affiancarvi un percorso di confronto con Eni, insieme alle Istituzioni e le parti sociali, per aprire una nuova contrattualità in grado di elaborare un progetto di sviluppo del territorio che, attraverso investimenti pubblici e privati, rafforzi il nostro sistema energetico, industriale e infrastrutturale».

«La bonifica di Crotone – ha auspicato Tomaino – può diventare l’occasione per un nuovo modello di crescita. Ma serve la presenza dello Stato, che attraverso un’attività di screening e monitoraggio misuri lo stato di salute dei cittadini, ricorrendo ai ripari: la costruzione di un ospedale pubblico che diventi un’eccellenza per la cura delle malattie oncologiche. Questo sì che rappresenterebbe un vero riscatto per tutta la comunità. Una battaglia che possiamo condurre tutti assieme, con le istituzioni e sotto la guida autorevole della regione Calabria». 

Tomaino ha quindi chiamato la sala in investire in una «grande evoluzione culturale». «Noi dobbiamo essere – ha prospettato Tomaino – il cambiamento che vogliamo vedere: rinunciando ai nostri egoismi, alle chiusure corporative, alla guerra di tutti contro tutti e assecondando ancor di più il bisogno di stare insieme e di cooperare per trovare le giuste soluzioni ai problemi, ritrovando il senso collettivo della comunità locale e regionale, tracciando una rinnovata e sicura direzione al nostro sviluppo».

«Per questo vogliamo lanciare una sfida, qui, ora, insieme a voi – ha concluso il nuovo leader di Confial a Crotone: costruiamo un “Patto di comunità”. Un patto che unisca le forze sane di questo territorio. Le istituzioni, i sindacati, le imprese, le associazioni, i cittadini. Perché solo insieme possiamo affrontare le grandi sfide: la bonifica, lo sviluppo industriale e turistico, l’occupazione, la salute, le infrastrutture e il futuro dei nostri giovani».

Forcing della Guardia costiera in mare e a terra: 10mila euro di sanzioni
«Ferrari scambia l'ente per un blog e non si occupa della crisi di liquidità»