Da Crotone in marcia per gridare al governo «verita' e giustizia» sul naufragio
CROTONE Più forti anche della pioggia. Determinati e compatti, i superstiti e i familiari delle vittime della strage di Cutro hanno aperto con lo striscione "26 febbraio, mai più stragi di migranti nel Mediterraneo", la marcia organizzata questo pomeriggio a Crotone dalla “Rete 26 febbraio”.
In tanti hanno risposto all'appello della Rete che, in occasione del primo anniversario del naufragio, ha indetto una serie di iniziative che si concluderanno domattina alle 4 con una fiaccolata e una veglia sulla spiaggia di Steccato per non dimenticare e reclamare «verità e giustizia».
Il corteo è partito da piazzale Nettuno, attraversando piazza Pitagora, via Veneto per convogliare preso il Museo e giardini di Pitagora dove si tenuto un momento di riflessione e dibattito che ha registrato la presenza tra gli altri di Luciano Scalettari, presidente di ResQ, la ong che opera nel Mediterraneo per il soccorso ai migranti, costituita da un gruppo di giornalisti, ricercatrici, avvocati, operatori umanitari al quale negli anni si sono aggiunti semplici cittadini, associazioni, aziende, e fondazioni.
Nonostante le avverse condizioni meteo (la pioggia è caduta abbondante per tutto il corso della manifestazione), un anno dopo il naufragio che ha registrato la morte di 94 persone di cui 34 bambini, da Crotone, i familiari e i superstiti del tragico evento hanno urlato al governo italiano «giustizia e verità» e «basta morti in mare».
Assente il governo (l'unico a materializzarsi venerdì scorso era stato il ministro dell'Interno Matteo Piantedosi con una visita lampo ai cimiteri di Cutro e Crotone dove sono sepolte alcune salme del naufragio), hanno preso parte al corteo la segretaria del Partito democratico Elly Schlein, l'ex presidente della Camera, Laura Boldrini, i parlamentari dem, Nico Strumpo ed Enza Bruno Bossio, i colleghi Anna Laura Orrico (M5s), Paolo Ciani (Democrazia solidale), Ruben Di Stefano, tesoriere nazionale di Demos, il sindaco di Crotone Vincenzo Voce, quello di Catanzaro Nicola Fiorita e tanti altri esponenti politici e istituzionali.
«Sono stati giorni durissimi - ha detto il sindaco Vincenzo Voce - quelli che abbiamo vissuto, ma i calabresi, i crotonesi, hanno dato prova di una solidarietà e di un'umanità straordinarie. Il giardino - ha aggiunto Voce - è bellissimo. Abbiamo voluto dedicarlo ad Alì, un bambino che era rimasto una delle poche vittime senza nome, contrassegnato con la sigla Kr16m0, e poi identificato. Abbiamo pensato a lui per realizzare un luogo che simboleggia, attraverso gli alberi che abbiamo piantato, la rinascita della città».
«I 52 familiari e sopravvissuti che sono arrivati da ogni parte d'Europa non hanno incontrato nessuno, non hanno ricevuto niente e non sono stati invitati dalle istituzioni ma portati qui dalle associazioni», puntualizza la portavoce della Rete Manuelita Scigliano, che ricorda le «promesse non mantenute» dell'esecutivo Meloni.
E il grido si trasformerà in una richiesta sempre più pressante di «verità e giustizia»: i familiari e alcuni sopravvissuti hanno deciso che faranno causa allo Stato italiano. «Abbiamo svolto delle indagini difensive, abbiamo raccolto testimonianze», spiega l'avvocato Marco Bona, socio fondatore dello studio Bona Oliva e associati che rappresenta i sopravvissuti e circa 50 familiari e che assicura la fondatezza degli «elementi raccolti».
«Il naufragio - è stata la testimonianza di Nigeena Mamozai e della cognata Adiba Ander - poteva essere evitato. Un elicottero ha sorvolato la Summer Love circa sette ore prima che la barca si infrangesse» su una secca a pochi metri dalla costa di Steccato di Cutro. «Non era un aereo», hanno sottolineato, esauste e provate dal viaggio e dai dolorosi ricordi.
La causa, ha proseguito Bona, si affiancherà al procedimento penale, che riguarda le responsabilità individuali e che è in corso dall'indomani dei fatti, «ma in una tragedia di questo tipo è anche molto importante accertare le responsabilità istituzionali e organizzative, al livello ministeriale e di governo e anche al livello dell'agenzia europea Frontex».
«Lo Stato italiano, le autorità, quella notte, hanno fatto una sola uscita che è stata di polizia e non di soccorso», ha detto durante una conferenza stampa Lidia Vicchio dell'Asgi la quale ha ricordato che «pende alla Procura della Repubblica di Crotone l'esposto presentato da 40 associazioni nel quale si racconta quello che è successo, e cioè che quelle persone non sono state salvate».
Di «omissioni, mancato soccorso e indifferenza», ha parlato il già primo dirigente medico della polizia di Stato, Orlando Amodeo, che ha confermato le accuse lanciate all'indomani della tragedia: «Quando il ministro dell'Interno mi dice che con il mare Forza 4 non si può fare un salvataggio, quel ministro mente».
«La strage di Cutro non sarebbero avvenuta - ha evidenziato Luciano Scalettari di ResQ - se la nostra azione nel suo insieme avesse avuto» la convinzione che «non ci sono essere umani di serie B. I morti di Cutro non meritavano l'impegno per essere salvati».