Precesso Naufragio, imputato scaglia penna contro i giudici: «Sono innocente»
Una penna lanciata contro i giudici ed un urlo: «sono innocente». È iniziata così, questa mattina, l'udienza che si sta celebrando davanti al collegio penale del Tribunale di Crotone nel processo ai tre presunti scafisti del naufragio avvenuto il 26 febbraio dello scorso anno davanti alla spiaggia di Steccato di Cutro nel quale hanno perso la vita 94 migranti, tra i quali 35 minori, e provocato una decina di dispersi.
Protagonista della clamorosa protesta è stato Sami Fuat, turco di 50, accusato, insieme a Khalid Arslan, di 25 anni, e Ishaq Hassnan, di 22 anni entrambi pakistani, di naufragio colposo, favoreggiamento all'immigrazione clandestina e morte in conseguenza del favoreggiamento all'immigrazione clandestina. Un quarto imputato per gli stessi reati, Gun Ufuk, turco di 38 anni, ha scelto il rito abbreviato.
Il presidente del collegio, Edoardo D'Ambrosio, a quel punto ha avvertito Fuat che altre intemperanze avrebbero causato il suo allontanamento dell'aula. Ai giudici del Tribunale di Crotone il presunto scafista nelle scorse settimane, tramite il suo difensore, ha indirizzato una lettera in lingua turca.
«Da dieci mesi - scrive Fuat - sono detenuto ingiustamente. Questa situazione mi pesa enormemente, poiché sono consapevole della mia innocenza. Non esitate a esaminare tutte le prove disponibili. Se trovate qualcosa che dimostra la mia colpevolezza, siete liberi di agire come meglio credete».
Fuat, che in Turchia ad Izmir aveva un'impresa di pulizie ed ha scritto anche un romanzo dal titolo "Amante del mare", nella missiva chiede ai giudici: «Evitate di fare accuse infondate e oscure. Ho già affrontato quattro diverse accuse, ognuna accompagnata da decisioni che mi sono state notificate. Queste accuse includono i ruoli di capitano, primo ufficiale, organizzatore. La mia salute è compromessa, il mio cuore mi fa soffrire. Non ho consultato un medico, poiché sono convinto che la cura per la mia malattia risieda in me stesso. In questi momenti difficili, cerco di placare il fuoco nel mio cuore bevendo acqua ghiacciata. Vi prego, non siate la causa della mia scomparsa. Nel mondo ci sono ancora persone che amo».
Il suo difensore, l'avvocato Martina La Vecchia, ha quindi spiegato che Fuat viveva a Izmr e che aveva deciso di partire per l'Europa per le difficoltà dal punto di vista politico. «Stava andando dal fratello in Francia - ha rivelato il difensore - e gli aveva spedito una copia del libro per farlo tradurre in francese e venderlo lì. Ci sono annunci - ha proseguito il difensore - che lui ha messo sui social per vendere le auto e con il ricavato ha pagato il viaggio ai trafficanti in Turchia».
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