Il coraggio di dire no: la sfida della legalità nella provincia di Crotone
Nel giorno delle commemorazioni per il XXXIII anniversario dell'attentato di Capaci e della strage di via D'Amelio a Palermo, la riflessione di Stelvio Marini

CROTONE «Ci sono date che il tempo non può cancellare. Il 23 maggio è una di queste. Ogni anno, il ricordo di Giovanni Falcone e di chi ha sacrificato la propria vita per lo Stato riaffiora con forza, soprattutto nei territori difficili, come la nostra provincia di Crotone, dove la criminalità organizzata continua a mordere la società civile, a infiltrarsi nelle istituzioni e a condizionare la vita democratica delle comunità». Parte da qui la riflessione di Stelvio Marini, intellettuale e politico impegnato nel territorio di Crotone, nel giorno in cui ricorrono le commemorazioni del XXXIII anniversario dell'attentato di Capaci e della strage di via D'Amelio a Palermo in cui persero la vita i giudici Falcone e Borsellino e le loro scorte.

Secondo Marini, quella che tanti hanno definito “zona grigia” - quella cioè dove arrivano a confondersi Stato, società civile e parastato - è pienamente calata nella realtà crotonese, anzi «ne rappresenta uno degli esempi più amari e concreti».
«Negli ultimi anni - spiega Marini -, numerosi comuni sono stati sciolti per infiltrazioni mafiose: una sequenza che più di ogni statistica testimonia la fragilità di un tessuto amministrativo troppo spesso lasciato solo davanti alle pressioni della ‘ndrangheta. Una criminalità che non spara soltanto, ma compra, minaccia, influenza e indirizza, insinuandosi nella gestione degli appalti, nelle nomine e nella pianificazione urbanistica».

Marini ricorda come «le recenti inchieste della magistratura hanno confermato nella provincia di Crotone la presenza di un sistema articolato di condizionamento mafioso, capace di pilotare scelte politiche e amministrative, trasformando il potere pubblico in strumento funzionale agli interessi criminali, con pesanti ripercussioni su sviluppo, occupazione, sanità».
«Troppi affidamenti diretti di appalti, troppi piccoli e grandi conflitti d’interesse avvelenano la vita amministrativa e minano la credibilità delle istituzioni locali», denuncia Marini. È proprio su queste «zone d’ombra» che la «criminalità organizzata trova terreno fertile, insinuandosi nei meccanismi decisionali e trasformando il governo del territorio in un sistema opaco e clientelare» dichiara Marini.

Da qui la sua riflessione: «Per questo il 23 maggio non può e non deve essere soltanto un momento di memoria. Deve diventare il giorno di un impegno rinnovato, concreto e quotidiano da parte di tutte le forze politiche, delle istituzioni e della società civile di Crotone e del suo comprensorio. Occorre praticare legalità vera, trasparenza quotidiana, e restituire alla cittadinanza spazi di partecipazione reale e consapevole».
«La legalità, infatti - entra nel merito l'ex assessore comunale, oggi dirigente di Fratelli d'Italia -, non è un concetto astratto o una bandiera da sventolare nelle cerimonie. È una priorità assoluta. Perché senza legalità non si possono garantire nemmeno i diritti più banali dei cittadini: il diritto a un lavoro onesto, a una sanità che cura davvero, a un’amministrazione trasparente, a una città sicura e ordinata. Conseguentemente, diventa priorità imprescindibile la lotta a ogni mafia, alla criminalità diffusa e a tutte le forme di illegalità che avvelenano il vivere quotidiano».

Marini sollecita che «questo impegno deve tradursi in scelte coraggiose, nella costruzione di una pubblica amministrazione che sia davvero baluardo di democrazia, presidiando il territorio e le istituzioni contro ogni tentativo di infiltrazione». Ecco dunque che bisogna «spezzare quel circolo vizioso che ha trasformato il malaffare in sistema e, troppo spesso, la politica in complice inconsapevole o, peggio, consapevole. Molte aree del Mezzogiorno, hanno bisogno di questo salto di qualità. Occorre visione, coraggio e una classe dirigente che abbia come unica bussola il bene comune, un modello di legalità».
«Il sacrificio di Falcone, di Borsellino e di tutte le vittime di mafia - suggerisce Marini - non può ridursi a una ricorrenza. Deve diventare codice morale e pratica quotidiana. Perché la mafia, quando trova porte chiuse e coscienze vigili, arretra. E quando le istituzioni sanno difendere con coraggio la propria dignità, nessun clan può davvero prevalere. Serve il coraggio di dire no. Sempre».