L'arte bianca
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BOLOGNA Il gup del Tribunale di Bologna ha condannato, accogliendo le richieste della Dda della Procura bolognese, a sette anni e due mesi la 42enne Rosita Grande Aracri, figlia del boss Francesco e sorella di Salvatore e Paolo, condannati in via definitiva nell'ambito del processo “Grimilde”, nonché nipote del boss Nicolino Grande Aracri. 

Rosita e Francesco Grande Aracri

Rosita Grande Aracri, fa sapere la Questura, «era già stata condannata in via definitiva con rito abbreviato nel processo “Grimilde” per il trasferimento fraudolento della società “Eurogrande Costruzioni”, finalizzato ad eludere la normativa per l'applicazione delle misure di prevenzione patrimoniali, con riconoscimento dell'aggravante di aver agevolato il sodalizio 'ndranghetistico emiliano». 

Il 16 giugno 2022, la Corte d'appello bolognese, nel confermare la condanna, «aveva trasmesso gli atti alla Dda per il capo 1 di imputazione, relativo al reato di associazione mafiosa», evidenziando che «Rosita Grande Aracri rivestiva nelle vicende in esame un ruolo particolarmente attivo, anche operando in stretta contiguità con alcuni dei sodali», tanto che la Corte aveva ritenuto «necessario un approfondimento istruttorio della reale portata del suo contributo». 

I successivi accertamenti, spiegano dalla Questura di Bologna, hanno documentato che Rosita Grande Aracri «ha svolto un ruolo determinante per la cosca di appartenenza, anche in sostituzione dei familiari detenuti». Per questo motivo, «è stata rinviata a giudizio per associazione mafiosa, precisamente per aver fatto parte, con Francesco, Salvatore e Paolo Grande Aracri ed altri, dell'associazione 'ndranghetistica attiva da anni nel territorio emiliano». 

Inoltre «è stata ritenuta, con sentenza di primo grado non definitiva, responsabile di aver fornito un costante contributo per la vita dell'associazione mafiosa, in costante sinergia con i vertici del sodalizio 'ndranghetistico emiliano, essendo pienamente informata di strategie, iniziative, affari e problematiche riguardanti la consorteria stessa». 

La condanna di oggi è rimessa in continuazione con i 2 anni di carcere già espiati dall’imputata nel procedimento Grimilde per la fittizia intestazione della ditta del padre Francesco, cioè la Eurogrande Costruzioni. 
Tale procedimento più in generale segue alle altre condanne già comminate nell’ambito dei processi “Aemilia”, “Grimilde”, “Aemilia 1992” e “Perseverance” che, in questi anni, hanno di fatto decapitato i vertici della cosca ndranghetista operante in Emilia ed avente come epicentro Reggio Emilia.

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