L'arte bianca
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REGGIO EMILIA La Corte di Cassazione ha in sostanza confermato l'impianto accusatorio contro i 20 imputati del processo di 'ndrangheta "Perseverance" che avevano scelto il rito abbreviato. Nel mirino della Direzione Antimafia era finita in particolare, la famiglia Sarcone stanziata a Reggio Emilia e Bibbiano. Il blitz, scattato il 12 marzo 2021, aveva ricostruito come la cosca mafiosa avesse proseguito al Nord le sue attività illecite nonostante le due grandi inchieste Aemilia (del 2015) e Grimilde (datata 2019). .

In dettaglio è stato respinto il ricorso del 64enne Giuseppe Sarcone Grande che resta in cella. La sua pena è di 16 anni e otto mesi di reclusione perché ritenuto dai giudici la nuova guida delle attività mafiose. 

Lievissime riduzioni di pena per gli altri fratelli: sette anni e 10 mesi per il boss detenuto Nicolino Sarcone, tre anni e sei mesi per Gianluigi Sarcone e tre anni per Carmine Sarcone (quest'ultimi entrambi già in carcere). Infine poco più di un anno per la sorella Giuseppina Sarcone.

Rigettati i ricorsi presentati da Salvatore Muto, Domenico Cordua, Salvatore Procopio. Accusa di 416 bis confermata anche per per Giuseppe Frijio che in Appello aveva avuto 12 anni, 6 mesi e 20 giorni, e per Giuseppe Caso, 11 anni e 4 mesi. Per loro la Cassazione ha disposto un nuovo processo in Appello su singoli reati: per Frijio su ricettazione e porto di una Beretta con matricola abrasa; per Caso sul diniego della continuazione con una sentenza del 2017.

La Cassazione ha dichiarato inammissibili e ha confermato la condanna a 6 anni, 2 mesi e 20 giorni per la coppia di Soliera, Alberto Alboresi e Genoveffa Colucciello, riconosciuti responsabili di aver affidato a mafiosi, cioè Salvatore Muto e Domenico Cordua, il compito di gettare acido in faccia alla parente che accudiva tre anziani fratelli modenesi, fatto poi sventato dalla polizia.

La Suprema corte ha annullato senza rinvio in Appello la condanna a Domenico Sestito (1956) di Cutro, per prescrizione: in secondo grado, esclusa l’aggravante 416 bis, aveva avuto 1 anno e 4 mesi. Per Domenico Pilato (1991) di Cutro, condannato a 4 anni, disposto un nuovo processo solo sull’aggravante mafiosa. Rigettato il ricorso di Angelo Caforio (1975) di Torrile (Parma): confermati 3 anni 6 mesi e 20 giorni. Dichiarato inammissibile quello di Salvatore Rotondo (1985) di Staffolo (An): 1 anno, 3 mesi e 10 giorni con le generiche. Si farà un nuovo processo in Appello per tre imputati. Uno è Giuseppe Lazzarini (1982) di Cutro: la pena era salita di un anno in continuazione con un’altra sentenza (totale 10 anni). Poi Giuseppe Salerno (1990) di Cutro, 2 anni pena sospesa. E Pier Roberto Manico (1980) di Cutro, 3 anni. Per Rosario Lopez Errico (1976) di Cadelbosco, 4 anni, si ridiscuterà in Appello solo l’aggravante mafiosa.

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