L'arte bianca
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L’Italia, un piccolo regno unito di second’ordine, che ha perduto qualsiasi pretesa di valori universali, cedendola al più logoro principio borghese – la trentesima ripetizione di questo principio dal tempo della prima rivoluzione francese ‒ un regno soddisfatto della sua unità, che non significa letteralmente nulla, un’unità meccanica e non spirituale e per di più pieno di debiti non pagati…” (Dostoevskij - Diario di uno scrittore – 1877).

a cura di Natale G. Calabretta

Ogni volta che si ha a che fare con la narrazione di qualsiasi evento storico umano, è necessario ricordare sempre che la storia è scritta dai vincitori. 

La storia è piena di bugiardi. Uno degli argomenti principali della storia d’Italia riguarda proprio l’unificazione del Paese avvenuta in seno alle guerre risorgimentali del 1861. 

Chi ha già studiato la storia d’Italia frequentando i banchi di scuola, sa già di cosa si parla quando ci si riferisce alla così detta “unità d’Italia”. 

Il processo di unificazione italiano è avvolto da una serie di bugie, ingiustizie e tragedie che ancora oggi, sotto l’incalzare del revisionismo storico, gli organi ufficiali dallo stato non vogliono assolutamente riconoscere.

Esattamente come se lo stato italiano fosse cosa estranea e nemica rispetto al suo popolo e alla verità che gli deve. 

Una volta a scuola si insegnava che l’unità d’Italia avvenne per puro sentimento patriotico popolare ed in particolare per il valore di alcuni personaggi, come il re soldato, Vittorio Emanuele II, l’eroe, Garibaldi, il pensatore tormentato, Mazzini, e l’abile e integerrimo statista Cavour. 

Questi sono i personaggi di una menzogna scritta sotto forma di una bellissima fiaba poetica messa in scena dallo stato italiano e degli altri stati esteri che hanno avuto interessi in questa oscena vicenda per nascondere l’orribile verità dietro la riunificazione travagliata e sanguinosa del paese. 

A scuola si racconta che questi coraggiosi protagonisti hanno risposto al grido di dolore che si elevava da ogni parte d’Italia e si sono preparati ad entrare in azione per liberare gli italiani dalla tirannia e dal giogo straniero e fare della penisola italiana una sola, libera e bella.

Niente di più falso: esiste per quanto nascosta e ignorata, un’altra versione della storia, la storia dei perdenti; la storia di coloro che sono stati costretti al silenzio; la storia del Sud e del suo popolo che, dopo un secolo e mezzo di disinformazione e propaganda, ormai ha dimenticato la verità e che dopo indicibili umiliazioni è stato piegato e indottrinato fino al punto di credere ad una crudele epopea eroica piena di falsità e omissioni che ormai gli stessi popoli del Sud, i pronipoti degli stessi umiliati e offesi, imparano a scuola senza farsi domande.

Ad annientare il Regno delle due Sicilie ma in realtà il Sud d’Italia (inteso come entità storica e culturale oltre che economica e militare), da tutti i punti di vista, non fu tanto l’azione militare, di per se inconsistente e farsesca, ma la spietata propaganda che ne seguì, il massacro ideologico, culturale, sociale e umano che portò a giustificare fatti orribili ed efferati che sfociarono in un vero e proprio genocidio tutt’oggi rimosso e inconfessabile da parte della storiografia di stato, ma mai dimenticato e che prima o poi ritornerà ad urlare la verità su quegli stessi libri di scuola che oggi la negano.

È giunto il tempo che si svergognino alcune falsità degli invasori e della propaganda di un finto stato nato dalle maledizioni, e dai dolori di una sanguinosa ingiustizia; si denuncino con fermezza, finalmente, alcune verità storiche che consacrano alla vera storia la dimensione e l’efferatezza di un vero e proprio stupro di un popolo e di una civiltà, che riscatti, solo in minima parte, la dignità di quelle genti e dei loro discendenti vittime di atrocità ingiustificabili e disumane provocate da un piano arrogante di conquista economica e militare ma soprattutto di egemonia culturale e antropologica volta a spazzare via dal Mediterraneo i nobili eredi dei greci e dei romani.

Il Sud era la zona del paese più avanzata economicamente 

Per quanto oggi la realtà italiana sia stata resa completamente diversa e sia proprio il nord del paese ad essere economicamente più avanzato e ricco rispetto al Meridione, prima dell’invasione di Garibaldi, il Regno delle due Sicilie era un paese prospero. 

In tutta Europa, il Meridione d’Italia si poneva al terzo posto dopo Inghilterra e Francia nella lavorazione metallurgica, manufatturiera e nell’esportazione agricola. 

Al contrario di come è stato insegnato nelle scuole, il popolo del Sud non stava morendo di fame e non aveva assolutamente bisogno di nessun liberatore. Al contrario, fino agli inizi del ‘900 le morti per stenti e per cattive condizioni igieniche erano ancora registrabili in Veneto e in Lombardia.

I meridionali prosperavano e non sentivano nessuna necessità di essere liberati o affrancati da niente e nessuno, tantomeno, balenava nella loro testa il desiderio di volersi riunire con i cosiddetti fratelli del nord, i quali non parlavano neanche la stessa lingua, come vedremo. 

La stessa Napoli, ossia la capitale del Regno, era considerata una delle città più belle ed economicamente più prospere d’Europa e del mondo, rinomata anche per il suo fondamentale porto commerciale e per la sua poderosa flotta mercantile e militare, oltre che come millenario punto di riferimento per lo scambio di merci e culture in tutto il Mediterraneo e oltre. 

Basterebbe solo questo per comprendere come Napoli, prima dell’unità d’Italia fosse una metropoli ricchissima e culturalmente vivace impreziosita da una urbanistica all’avanguardia e dotata di mezzi di trasporto pubblici tra i primi al mondo, come evidenziava la realizzazione del tratto ferroviario Napoli-Portici che fu la prima linea ferroviaria costruita in Italia, inaugurata il 3 ottobre 1839 e, per quel tempo, considerata un capolavoro di ingegneria.

Nonostante la infamante propaganda postunitaria volle associare il nome di Napoli all’epidemia di colera, gli storici antiche e moderni dimenticano che la metropoli partenopea fu a lungo una delle due città in Europa (l’altra era Roma) ad essere dotate di sistema fognario funzionante sin dall’epoca romana. 

In quegli stessi anni di metà ‘800 le popolazioni di Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna venivano decimate dalla malaria e dalla tubercolosi a causa della diffusa malnutrizione e dalle malsane condizioni ambientali della piana del Po.

Il vero motivo dell’invasione del Regno delle due Sicilie 

Ebbene, ci hanno raccontato di tutto e tantissime sono state le sciocchezze diffuse e sostenute dalla falsa storiografia sul finto sentimento di unificazione italiano che ardeva i cuori degli italiani.

Ci hanno raccontato come i Savoia, e tutti gli intellettuali dell’epoca si fecero interpreti di questi nobili sentimenti i quali, a dirla tutta, non trovavano alcun riscontro nel vero sentimento popolare soprattutto nei popoli del meridione. 

Curioso come, se pur ispirati da sentimenti italioti, la maggior parte degli scritti ideologici a supporto dell’unità e dei documenti ufficiali del nascente stato unificato fossero scritti in francese e spesso anche in inglese. 

Insomma, la semplice verità è che dopo la seconda guerra di indipendenza italiana (voluta da Francia e Inghilterra per mezzo degli italiani per smembrare lo stato asburgico), il regno dei Savoia aveva ereditato un grandissimo debito proprio dall’annessione della Lombardia. La nuova situazione non cambiò nulla per i lombardi che semplicemente passarono da un tassatore ad un altro, da un’occupante straniero ad un altro, infatti e anche i piemontesi come gli austriaci prima, non parlavano la loro stessa lingua ne avevano la stessa cultura.

Insomma anche in embrione l’Italia unita non aveva nessuna ragione d’esistere. 

La cosa è ancora più evidente se si considera che la Lombardia e l’Emilia Romagna furono annesse al Piemonte grazie all’impegno di oltre 150.000 soldati francesi - francesi … no italiani o piemontesi… ma francesi, quasi tutti mercenari - in cambio della cessione di Nizza e di Savoia. 

Quindi nulla di ideologico in tutto questo spargimento di sangue ma solo convenienze di stati stranieri consumate sul suolo italiano… come oggi accade in Ucraina e Palestina per fare un riferimento attuale.

Questo conflitto aveva messo in difficoltà economica e riempito di debiti il piccolo regno dei burattini sabaudi.

Francia ed Inghilterra quindi, per rientrare del loro investimento spinsero gli inetti i Savoia a fare da testa di ponte per la conquista del Regno Borbonico come il miglior modo per potersi appropriare velocemente delle grandi ricchezze che possedeva per poter far fronte ai problemi economici, e ai debiti il cui pagamento Francia ed Inghilterra reclamavano insistentemente.

Ma non solo, l’imminente apertura del Canale di Suez inaugurato nel 1869 e finanziato da capitali francesi, nella prima fase, e inglesi, nelle fasi successive, non poteva tollerare, secondo gli interessi delle due nazioni finanziatrici, che una potenza navale come il Regno delle due Sicilie mantenesse il controllo sul Mediterraneo e, in particolare, sulle nuove rotte commerciali, favorite dall’apertura del Canale. 

Ad una lettura superficiale ma più logica di quelle scolastiche, proprio questi interessi bassamente economici e politici sono stati i motivi principali alla base dell’invasione del Regno delle due Sicilie, che nulla hanno a che vedere con la propagandata unificazione di “un popolo in uno stato”.

Ma non fu solo una questione di soldi, come vedremo.

La pianificata rovina economica del Sud

Il Regno del Sud era ben altro che uno scrigno ricco di tesori utili a ripagare gli sforzi bellici ed egemonici che Francia ed Inghilterra profusero per mezzo dei Savoia per il controllo dell’intera penisola. 

Il Sud d’Italia era un vero e proprio oggetto del desiderio di tutte quelle potenze militari e commerciali che volevano imporre il loro dominio sul Mediterraneo e su tutto quello che da sempre il bacino del Mediterraneo ha rappresentato in termini di scambi e comunicazioni con tutto il mondo.

Per mettere le mani sul Mare Nostrum bisognava annientare la terza potenza economica e militare d’Europa e solo l’azione congiunta delle prime due potenze – Inghilterra e Francia- poteva riuscire nell’impresa limitando i rischi.

E così fu. Servivano la logistica militare e la giustificazione ideologica. Per lo strumento militare furono usati gli idioti sabaudi. Per lo strumento ideologico fu inventato un finto sentimento unitario. 

Con l’annessione del Regno delle due Sicilie, il popolo del sud già provato da una guerra impari, ingiusta ma soprattutto condotta con una crudeltà inaudita, venne immediatamente gravato da nuove esosissime tasse. 

I piemontesi arrivarono da nemici stranieri, da veri e propri invasori al Sud, a confiscare i beni di stato e a saccheggiare piccole ricchezze private, come un’orda di barbari.

Attività industriali e commerciali grandi e piccole, spesso strategiche e rinomate nel mondo vennero smantellate e distrutte con l’unico scopo di impoverire il Sud. Imprenditori, commercianti, artigiani, tecnici (tra cui molti ingegneri, architetti, medici etc.) oltre che intellettuali e giuristi furono sistematicamente trucidati perché il Sud, oltre che delle sue ricchezze, doveva essere depredato anche delle sue intelligenze.

Ovviamente questo non bastava, i potentati inglesi e francesi pretendevano anche l’annullamento della forza lavoro del Sud che ai Savoia serviva anche come carne fresca per il loro esercito da operetta, motivo per cui venne introdotta la leva obbligatoria della durata di oltre sette anni per sottrarre uomini e risorse alla terra e alle attività produttive rimaste, ma soprattutto, questa diabolica manovra, serviva per disgregare definitivamente il robustissimo tessuto sociale dei popoli meridionali. 

C’è da domandarsi come, in queste condizioni, poteva nascere il tanto decantato fuoco di unificazione e liberazione che, secondo la propaganda bellica dell’epoca riportata pari pari sui libri di storia, avrebbe dovuto divampare nei cuori degli italiani e delle popolazioni del Sud in particolare. 

Un simile posticcio sentimento patriottico che alimentava il dibattito vuoto dell’epoca era accompagnato sul campo da angherie, stupri, furti, massacri, umiliazioni e vessazioni di ogni genere.

La rabbia che ne scaturì si canalizzo in una ferocissima guerra civile di indomita resistenza durata oltre 10 anni che gli uomini del Sud sfuggiti alla leva o disertori intrapresero contro i nuovi inumani invasori.

Gli eroici combattenti che si opponevano alla dissoluzione della loro identità di meridionali, della loro cultura millenaria, furono chiamati dalla propaganda bellica degli invasori “Briganti” e considerarono “Brigantaggio” le operazioni di guerriglia, di resistenza e riconquista, volendo ridurre ad un affare di criminalità spicciola, la sacrosanta lotta senza quartiere per la propria libertà e per la salvaguardia della propria dignità. 

La leva obbligatoria di sette anni e la latitanza forzata di molti uomini datisi alla macchia sono stati il primo chiodo nella bara dell’economia del Sud. 

Le famiglie povere vennero private delle braccia giovani, indispensabili per i lavori nei campi, e questo buttò tutto il Sud in una depressione economica mai vista prima.

Garibaldi: un criminale eroe di una nazione inesistente

La stessa figura “leggendaria” di Garibaldi fu creata a tavolino con una vera e propria operazione di propaganda militare internazionale: riuscirono persino a trasfigurarlo fisicamente, presentandolo addirittura come affascinante, misterioso, carismatico biondo e bello. 

Ma chi era veramente Garibaldi e chi erano i Mille? Nient’altro che mercenari. Erano ladruncoli, avanzi di galera, assassini, abusatori di donne, per non dire altro.  Erano la feccia della feccia. Garibaldi stesso era un ladro di cavalli e uno stupratore a cui avevano tagliato le punte delle orecchie per i suoi crimini in Perù, motivo per cui fuggì in Italia. Ecco perché fu denominato, dalla perversa propaganda bellica, l’”eroe” dei due mondi. Infame dei due mondi, sarebbe più appropriato appellarlo.

Questo ladro di cavalli e stupratore divenne in seguito, nel nostro immaginario, l’eroe, secondo la menzogna dell’Italia risorgimentale raccontata a scuola, ma è stato non solo colui che, ergendosi a simbolo di un massacro, ha segnato il destino del Sud per gli oltre 150 anni a venire, ma anche colui che viene celebrato dalle sue stesse vittime, la gente del Sud, fino al giorno d’oggi, anche grazie ad un menzognero e beffardo indottrinamento scolastico dei giovani meridionali, ai quali non si racconterà mai la vera storia. 

Ma, nonostante piazze e vie in tutti i comuni d’Italia dedicate alla memoria di Garibaldi, buon gusto vorrebbe che non ci si dilungasse su questo schifoso personaggio.

In conclusione, quindi, risulta evidente che coloro che liberarono il Sud dalla ipotetica tirannia erano i peggiori tagliagole che si potevano mettere insieme. 

I crimini di guerra 

Se pensate che quello che stanno facendo gli ebrei ai palestinesi sia imperdonabile e orribile, ebbene sappiate che non siamo molto lontani da quello che fecero subire i Garibaldini e i Mille alle genti del Meridione durante la campagna ideologica di unificazione che in realtà è sempre stata una campagna militare di sterminio e saccheggio.

In pratica questi sciacalli mercenari si sono presi la libertà di commettere crimini atroci, sapendo che i piemontesi, una volta vinta la guerra, avrebbero semplicemente chiuso un occhio, anzi, avrebbero chiuso entrambi gli occhi, sugli atroci crimini perpetrati e che non risparmiarono donne e bambini, i quali spesso venivano impalati ed esposti sulle piazze delle città dei conquistati come monito per chiunque volesse ribellarsi. Questi erano gli usi e i costumi dei liberatori. 

Durante la guerra di resistenza interi villaggi venivano completamente rasi al suolo, col pretesto di essere covi di briganti terroristi e non risparmiando praticamente nessuno. “Non dovrà rimanere pietra su pietra!”, erano di questo tenore gli ordini impartiti alle milizie piemontesi prima di ogni attacco a villaggi inermi.

Le donne venivano braccate dai Mille e abusate, mentre i proprietari terrieri grandi e spesso piccoli venivano derubati e privati delle loro terre e abitazioni. Intere famiglie, intere comunità furono cancellate dalla faccia della terra.
Chi non si sottometteva alla nuova tirannia veniva giustiziato e chi era sospettato di tramare qualcosa faceva la stessa fine. 
Centinaia di mamme furono costrette a prostituirsi alla marmaglia in armi pur di dare una speranza di vita ai figli… piccoli e possibilmente maschi. 
Le giovani donne, spesso bambine, non avevano scampo e venivano violentate e i figli maschi adulti uccisi sul posto.

Dovrebbe essere priorità degli storici gridare a gran voce di come nel contesto di un simile scempio, gli usurpatori piemontesi trovarono il modo di sperimentare un altro strumento di rappresaglia ed umiliazione che sarebbe diventato famoso in seguito. 

I prigionieri meridionali quasi tutti civili, donne e bambini furono i primi al mondo ad entrare ed essere massacrati nel primo campo di sterminio della storia: il lager di Fenestrelle dove questa fortezza ex prigione sabauda fu trasformata per l’occasione in campo di sterminio nella quale tutti i prigionieri furono disciolti nella calce viva in enormi vasche ancora esistenti.

Sono centinaia di migliaia le morti, spesso atroci e ingiustificabili, che sono state causate, direttamente o indirettamente, dall’arrivo di Garibaldi e dei Mille e dalla disumana epopea dell’unità d’Italia che, presso le truppe e l’opinione pubblica trovava giustificazione nella convinzione scientifica ed intellettuale di ispirazione positivistica ma soprattutto darwiniana, di moda a quel tempo, secondo cui i meridionali fossero una “razza inferiore”. 

Una psico-strategia militare che abbiamo imparato a conoscere: disumanizzare il nemico per giustificare qualsiasi atrocità.

La corruzione 

Ancora oggi si sente dire la clamorosa fandonia che dipinge Garibaldi come grande generale e stratega e i Mille come giovani intellettuali italiani animati da spirito di patria. Assurdo e ridicolo.

No, la verità storica è esattamente opposta: Garibaldi non era un grande generale, era un ladro e uno stupratore, e le gentaglie che componevano i Mille sapevano combattere tanto quanto erano capaci di stare in piedi diritti da ubriachi, e il loro afflato ideologico non andava oltre l’ideazione di un quotidiano furto di galline. 

Davanti alla palese incapacità militare della spedizione dei Mille e di Garibaldi, il vero asso nella manica della spedizione fu la corruzione degli aristocratici, dei borghesi e dei generali borbonici: i gattopardi.

Altro che strategie militari: la spedizione dei Mille era solo una copertura da operetta utile a coprire di menzogne romanticheggianti strillate dalle prime pagine dei giornali e ad infervorare i cuori degli ingenui.

Dai servizi segreti inglesi e francesi e dalle massonerie italiane al servizio del governo inglese fu sfruttato l’istinto meschino di sopravvivenza dell’aristocrazia finanziaria, imprenditoriale e militare del Meridione promettendo loro di ricoprire ruoli e incarichi importanti nella nuova Italia nascente dalle ceneri del Regno delle due Sicilie.

Molti furono i generali che tradirono il loro esercito, il loro sovrano e il loro stesso popolo in cambio di ricchezze, di privilegi e di ruoli politici e amministrativi nel nuovo stato italiano.

Come si spiega altrimenti il ritiro di oltre 3.000 soldati siciliani mentre stavano per respingere i Mille sgangherati e ubriachi di Garibaldi in mare, e il ritiro senza motivo di un intero corpo d’armata (oltre 10.000 soldati) dei temutissimi Cacciatori di Calabria fiore all’occhiello dell’esercito Borbonico, dopo lo sbarco dei garibaldini sulle coste regine, permettendo loro di avanzare fino alle falde dell’Aspromonte? 

Questi generali traditori ambivano a salire di rango e ad arricchirsi una volta persa la guerra, ed è proprio quello che fecero. 

A questo punto furono gli stessi individui corrotti a prendere il controllo del Sud e a dar vita ad organizzazioni mafiose che sopravvivono fino al giorno d’oggi. 

L’unità d’Italia è una invasione straniera

L’Italia dal punto di vista antropologico culturale e linguistico non è mai esistita come entità unica e riconoscibile, infatti per quanto la riunificazione sia partita proprio dal nord, il numero di abitanti che parlava italiano qui, escluso la Toscana, erano solo 200.000 persone. 

La maggior parte di coloro che parlavano italiano e dialetti derivanti dall’italiano era localizzata nel Regno delle due Sicilie.  In Lombardia e in Piemonte erano altamente prevalenti i dialetti più vicini al francese che all’italiano e comunque la lingua ufficiale del regno sabaudo era il francese.

In molte altre regioni italiane del nord, ad oggi, la lingua ufficiale insieme all’italiano è il tedesco; all’epoca delle guerre di unificazione si parlava solo ed esclusivamente il tedesco e i suoi dialetti slavi. 

È un incontrovertibile e documentato fatto storico che l’Italia è stata riunificata sotto il comando di gentaglia di madre lingua francese come Vittorio Emanuele II e Cavour, grazie all’aiuto di porci mercenari dei Mille comandati da un altro madre lingua francese come Garibaldi, nato a Nizza (che all'epoca era territorio francese). 

Infatti tutti, tutti i documenti e i trattati prodotti dai vari protagonisti per la storia della riunificazione della penisola italiana e del popolo italiano sono stati scritti in francese, in quanto lingua ufficiale di corte, o meglio, lingua ufficiale del popolo invasore. 

È utile sottolineare che i documenti ufficiali della nascita dell’Italia furono sì, scritti in francese ma ispirati da ben altri più importanti documenti e dispacci scritti rigorosamente in inglese.

Come se non bastasse, a dimostrare questa verità trascurata dai libri di testo, la Lombardia fu acquisita grazie all’impiego, come già ricordato, di ben 150.000 soldati francesi, mentre il Veneto è stato annesso soltanto dopo due sconfitte piemontesi e fortunatamente una vittoria schiacciante prussiana (alleata dei piemontesi) che bastò a concedere senza alcun merito militare il Veneto ad un umiliato Piemonte quasi fosse una carità. 

A questo punto, per completare il corpo di quel mostro storico ed antropologico che sarebbe stata l’Italia postunitaria, mancavano Trento, Trieste e Alto Adige, che arrivarono grazie all’esplosione delle tensioni etniche nell’impero austriaco, di cui si approfittò praticamente mezza Europa. 

E soltanto nel 1920-21 gli ultimi territori italiani furono finalmente annessi. E anche questi arrivarono dopo il tradimento da parte dell’Italia della Triplice Alleanza. 

Questi episodi evidenziano come l’Unità d’Italia non fu un progetto italiano o degli italiani ma fu preordinato e disposto da altre nazioni europee come il Regno Unito che volevano un unico stato controllabile nel Mediterraneo e soprattutto volevano neutralizzare la potenza navale, militare, commerciale ed industriale del Regno delle due Sicilie, tutto questo con la strategia degli inglesi, le armi dei francesi e la complicità dei Piemontesi che si prestarono ad attuare il genocidio.

Conclusioni

Tutti questi personaggi immorali e raccapriccianti avvenimenti sono la genesi dell’odierno stato proditoriamente chiamato Italia (anche il nome è una beffa e un sopruso), uno degli ultimi al mondo quando si parla di trasparenza, è tra i primi nella corruzione. 

E con questi natali non poteva essere diversamente.

La nascita dello stato italiano parte dal genocidio di una intera cultura, dalla cancellazione di un retaggio genetico e culturale millenario e di una identità politica e statale come quella del Regno delle due Sicilie, che conservava nel suo stendardo i simboli di una continuità identitaria lunga ben 730 anni di storia (dal 1130 al 1861) identificandola come l’organizzazione statale più longeva mai esistita in Europa e forse nel mondo.

La nascita dello stato italiano parte da un imperdonabile crimine contro l’intera umanità che ha infierito sui vinti cancellandone anche la dignità umana oltre che il ricordo e la psiche collettiva e simbolica di popolo: distruggendone cioè la vitale coscienza e autodeterminazione. 

Le falsificazioni storiche che continuano a nascondere i crimini ancora non pienamente riconosciuti contro il popolo del Sud, sono lo stigma di una nascita maledetta, criminale e contro natura che ha creato quell’aborto politico e sociale che è oggi l’Italia: paese traditore di sé stesso e servo, eternamente in tumulto e profondamente diviso.
Dal male, nasce il male.
Abbasso l’Italia unita.
Viva la libertà.
 

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