L'arte bianca
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Il 30 settembre è arrivato in edicola il mensile n. 469 di Dylan Dog, “Trauma”. Edito da Sergio Bonelli Editore, l’albo porta la firma di Claudio Chiaverotti per soggetto e sceneggiatura, i disegni di Luca Casalanguida e una copertina suggestiva realizzata da Luca Casalanguida e Raul Cestaro.
“Trauma” è un albo per certi versi diverso dal solito: meno orrorifico e più psicologico; si addentra nei meandri del lato più oscuro della sofferenza umana, vale a dire il senso di colpa. 

L'arte bianca
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I veri mostri, Dylan docet, quelli peggiori, quelli invincibili, abitano i nostri pensieri, si nutrono dei nostri errori e della nostra fragilità. Crescono nel silenzio fino a provocare l’annichilimento. 
La notte, tempo sospeso, si manifestano i fantasmi del passato e pretendono il fio. Nell’avventure non esiste un cattivo in senso stretto, e forse non esiste nemmeno un’entità oscura, sinistra; esiste però la malattia in suo elegiaco furore. 
Dylan sembra sopraffatto dalle vicende intorno a lui anche se ne svela l’arcano come sempre. Perché quello che scopre lo riguarda troppo da vicino come riguarda troppo da vicino tutti noi. Chi non vede i mostri forse un probo e non ha pesi sulla coscienza o forse, semplicemente, non ne ha una. 
I disegni di Luca Casalanguida sagomati, sagomati, sbilenchi e simmetrici richiamano bene il concetto di recinto / comfort zone entro cui ci si trincera per assolversi o salvarsi; lo sguardo desolato e perso di tutti i personaggi trasmette incertezza di chi si sente esistere ma non vive più. 

Il richiamo a Venom per le sembianze delle inquietanti creature della notte è abbastanza tangibile ma si può considerare a tutti gli effetti una citazione d’autore ben riuscita. 
Nella copertina di Luca Casalanguida e Raul Cestaro Dylan, intrappolato tra sbarre di luce, abbraccia una donna mentre orde di creature oscure lo assediano. Non semplici mostri, ma incarnazioni del senso di colpa, pensieri che mordono e non lasciano scampo. Il rosso della sua camicia è l’unico baluardo vitale in un buio soffocante: ferita e resistenza allo stesso tempo.
Una copertina che sintetizza l’essenza del titolo: il trauma come prigione mentale, un incubo che si moltiplica e divora dall’interno.

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