Ritiro parte civile della Regione, le associazioni: è inchino al potere
Rete 26 febbraio, Demos e Arci di Crotone contestano vivamente il dietrofront della Cittadella: «Molto più di un figuraccia, diktat dal ministero dei Trasporti»

CROTONE La decisione della Regione Calabria di ritirare la costituzione di parte civile nel processo a sei militari, quattro della Guardia di finanza e due della Guardia costiera, per i ritardi nei soccorsi alla barca carica di migranti il cui naufragio, il 26 febbraio, ha causato 94 morti a Steccato di Cutro, ha provocato la reazione di alcune associazioni.
Per la Rete 26 febbraio, nata proprio all'indomani della tragedia, «quello che è accaduto alla Regione Calabria è molto più di una gaffe amministrativa: è un'ammissione sconcertante di impreparazione, un inchino politico e morale al potere centrale, un tradimento istituzionale nei confronti delle 94 vittime».
«Dapprima - è scritto in una nota - la decisione, in apparenza coraggiosa, di costituirsi parte civile. Poi, lunedì sera, dopo aver presentato la costituzione, il clamoroso passo indietro: “Non sapevamo che gli imputati fossero sei militari italiani”. Un'ammissione di ignoranza che, se non fosse tragica, sarebbe grottesca. Così, invece di ammettere di essere stati presi per le orecchie da qualche ministro o sottosegretario, la Regione Calabria, dopo aver pagato l'avvocato con soldi pubblici per preparare l'istanza e depositarla, preferisce la figuraccia: passare per ignorante e maldestra, oltre che giuridicamente incompetente. A confermare l'intervento diretto del ministro Salvini è stato lo stesso sindacato Usim, che ha esultato per il ritiro della Regione, definendolo un risultato “ottenuto grazie all'intervento del ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti”. Sconcertante. Un fatto che conferma come Occhiuto sia nelle mani di Salvini e non possa agire in autonomia».
Il movimento Demos Crotone, che fa capo al deputato Paolo Ciani, definisce quello che è accaduto «una figuraccia colossale». «Prima - è scritto in una nota - si costituisce parte civile, poi scopre, solo dopo aver depositato gli atti e letto i titoli dei giornali?, che il processo non riguarda gli scafisti ma le forze dell'ordine. E allora fa marcia indietro». Secondo il movimento, la scelta dell'esecutivo regionale «non è solo goffa: è offensiva. Per le vittime, per le loro famiglie, per chi ancora crede che giustizia significhi cercare la verità, anche quando fa male, anche quando mette in discussione pezzi dello Stato». Il movimento sospetta che il dietrofront sia stato frutto di «un diktat dall'alto, che avrebbe ordinato alla Regione e ai Comuni di “area” interessati di non costituirsi parte civile, per evitare che lo Stato venga processato dallo Stato. Una scelta politica, cinica e grave». Secondo Filippo Sestito, presidente di Arci Crotone, «le istituzioni calabresi, invece di dimostrare autonomia e coraggio, si sono piegate a pressioni esterne, rivelando un atteggiamento ambiguo e servile che mette in discussione la loro credibilità». L'associazione parla di «ignoranza istituzionale» e «scelte politiche discutibili» da parte della Regione: «La Regione, inizialmente decisa a costituirsi parte civile contro i militari - afferma Sestito - si è subito piegata di fronte a presunti diktat di livello superiore, confermando un livello di sudditanza politica che offende l'intelligenza dei cittadini e delle vittime».