Crotone e il Pil italiano, Donnici: «Siamo una start up della crescita zero»
Le impressioni del noto professionista crotonese sul dato relativo alla crescita del Pil nazionale del terzo trimestre 2025: «Europa impegnata in beghe condominiali»
CROTONE Le impressioni sul dato relativo alla crescita del Pil italiano del terzo trimestre 2025. Ne discutiamo con il professionista Giuseppe Donnici, avvocato con doppia laurea in economia.
Siamo in recessione?
«Dobbiamo leggere il dato in maniera aggregata, nel senso che il segno di questo trimestre è essenzialmente neutro rispetto a quello precedente che segnava un + 0,4 %. Quindi, per rispondere alla sua domanda, siamo a crescita zero, ossia il gradino antecedente alla decrescita».
Come legge questo andamento? È possibile fare una previsione per i prossimi anni?
«Se dovessimo dare una lettura “economica”, dovremmo certamente considerarli dati negativi poiché il tasso di crescita è inferiore a quello minimo delle economie evolute e i fattori che contribuiscono alla negatività sono tanti. Il primo, secondo me, è ascrivibile alla domanda interna che è essenzialmente pari a zero posto che gli stipendi sono fermi al 1995 e la l’imposizione fiscale ha superato il 70% . Inoltre, le esportazioni verso l’estero iniziano a vacillare, specialmente verso gli Stati Uniti, e non esiste la possibilità di effettuare contromisure ai dazi da parte dell’Europa che, come al solito, è più impegnata nella gestione delle beghe “condominiali” . Tra l’altro, nel 2026 finirà il Pnrr, quindi avremo un nuovo problema di reperibilità di risorse».
Gli economisti hanno una ricetta per uscire dalla crisi?
«Il ragionamento è complesso ma proverò a sintetizzarlo facendo un paragone con i sistemi fiscali di Paesi più virtuosi (per esempio l’Inghilterra). La prima leva è l’imposizione fiscale. Mi spiego: le risorse disponibili dovrebbero essere dirottate verso la detassazione affinché in busta paga possano rimanere più soldi da poter spendere. Se queste risorse, strutturalmente scarse, sono investite in settori non strategici alla ripresa economia (come quello militare), è evidente che la remunerazione degli investimenti è diretta verso altri scopi. Un’altra leva su cui operare è l’investimento in cultura il cui target devono essere i giovani. Volendo banalizzare, in Italia si è considerati giovani fino a 55 anni non solo dal sentire comune, ma anche dalle dinamiche economiche. Questo provoca una dispersione della fascia che è più propensa a spendere ed a rischiare, quella che va dai 20 ai 40 anni. Il tasso di disoccupazione di questa fascia d’età lo dimostra esattamente come i dati dell’emigrazione giovanile che, per la prima volta , riferiscono di migliaia di giovani che vanno all’estero partendo non solo dalla Calabria e dalla Sicilia, ma anche dal veneto e dalla Lombardia».
Lei riferisce dati che dovrebbero essere noti ai nostri politici. Perché nessuno fa nulla?
«Perché non abbiamo un’opinione pubblica che è in grado di bacchettare a dovere chi decide e tralascia questi aspetti fondamentali. Ci accontentiamo del piatto di pasta».
La situazione politica ed economica crotonese è come quella Italiana?
«Dal punto di vista economico siamo stati pionieri rispetto alle crisi mondiali. Noi abbiamo iniziato prima, con la chiusura delle fabbriche e la mancata riconversione in economia turistica. In questo senso siamo una start up che deve collocarsi negli scenari mondiali. Quindi serve tempo e amministratori illuminati e tecnicamente validi».
La politica è sempre responsabile del destino di una città?
«In parte sì. Mi spiego: fin quando a Crotone vigeranno le logiche dell’amichettismo o del “lo voto perché mi ha promesso qualcosa”, resteremo al palo perché se mandi avanti gente senza arte né parte, nelle stanze che contano saranno considerati dei miracolati e la loro opinione sarà pari al nulla. Quando sarà solo la storia delle persone a determinare il voto , allora anche noi cresceremo veramente».

