L'arte bianca
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CROTONE Scontro con botte e risposte sulla deliberazione numero 524 approvata lo scorso 7 novembre con la quale il commissario straordinario dell’Azienda sanitaria provinciale di Crotone, Monica Calamai, ha lanciato «la manifestazione d’interesse pubblica finalizzata alla raccolta di proposte di finanza di progetto a iniziativa privata per consultazione realizzazione e gestione di una nuova Unità operativa di Dialisi presso l’ospedale "San Giovanni di Dio" di Crotone». 

Nella formulazione della determinazione vengono usati i termini «realizzazione e gestione». Ieri la Cgil con una nota firmata dai massimi dirigenti dell’area vasta (Catanzaro, Crotone e Vibo Valentia) hanno fortemente criticato la scelta della commissaria dell’Asp Crotonese accusandola di avere messo in campo una proceduta per privatizzare l’unità operativa di Dialisi del «San Giovanni di Dio». 

I dirigenti Cgil hanno anche annunciato un ricorso avverso alla decisione della direzione strategica dell’Asp. Oggi c’è stata la replica di Calamai che in una nota scrive che: «La dialisi resta pubblica. Stiamo solo costruendo un reparto migliore». 

Calamai ridimensiona le accuse della Cgil «respingendo con fermezza ogni accusa di privatizzazione. Il progetto per la realizzazione del nuovo reparto di Nefrologia e Dialisi rientra pienamente nella disciplina dell’articolo 193 del Decreto Legislativo n. 36/2023 (Codice dei Contratti Pubblici), che introduce una specifica forma di partenariato pubblico-privato destinata esclusivamente alla progettazione, costruzione e finanziamento di opere pubbliche, senza in alcun modo coinvolgere la gestione dei servizi»

«Tale strumento – si legge nel comunicato Asp - consente alle amministrazioni di realizzare infrastrutture pubbliche con maggiore rapidità ed efficienza, attraverso la collaborazione con soggetti economici privati limitatamente alla fase edilizia e impiantistica. La norma, infatti, non prevede alcuna cessione di funzioni o delega gestionale: la titolarità, la responsabilità e il controllo dell’opera e del servizio restano integralmente in capo all’amministrazione pubblica». 

Secondo l’Asp «è un meccanismo previsto per accelerare la realizzazione di strutture necessarie al miglioramento dell’offerta sanitaria, nel pieno rispetto della legalità, della trAsparenza e dei principi di economicità e buon andamento dell’azione amministrativa». Viene quindi, evidenziato che «l’intervento riguarda esclusivamente la realizzazione materiale del nuovo reparto: un’infrastruttura moderna, sicura e funzionale, concepita per migliorare la qualità dell’assistenza ai pazienti nefropatici e le condizioni di lavoro del personale sanitario».

«Il servizio di dialisi, come ogni altra attività sanitaria dell’Asp di Crotone - aggiunge Calamai -, rimane integralmente pubblico, erogato da personale del servizio sanitario regionale e sottoposto ai medesimi controlli, protocolli e standard qualitativi previsti per tutte le strutture aziendali». Sempre secondo la direzione strategica «attribuire al ricorso all’articolo 193 una presunta valenza di “privatizzazione” significa confondere due piani completamente distinti: la realizzazione dell’opera pubblica e la gestione del servizio sanitario, che continuerà a essere interamente svolto e garantito dall’Asp di Crotone. Diffondere informazioni imprecise su un tema tanto delicato rischia solo di generare disinformazione e preoccupazione nella cittadinanza». 

Sulla vicenda si registra una smentita, nei confronti della direzione strategica dell’Asp, da parte del gruppo consiliare al Comune di Crotone «Liberi e forti» composto dai consiglieri Salvatore Riga e Anna Maria Cantafora. Replicando al chiarimento prodotto dall’Asp, i due consiglieri comunali scrivono: «I fatti dicono altro nell’atto è prevista la gestione tecnica e il trasferimento di rischi al privato». La privatizzazione ci sarebbe e sarebbe nascosta nel contesto del linguaggio utilizzato dalla direzione strategica nell’approvazione della determinazione del 7 novembre scorso. 

I due consiglieri aggiungono: «Riteniamo necessario chiarire che la Deliberazione n. 524 del 7 novembre 2025, letta integralmente, non si limita a un intervento edilizio, ma introduce un modello di partenariato pubblico-privato (PPP) che va ben oltre la semplice costruzione del nuovo reparto di Dialisi dell’Ospedale San Giovanni di Dio».

Nel testo ufficiale si legge chiaramente che l’Asp «intende valutare l’interesse del mercato in relazione a un’iniziativa di finanza di progetto volta alla progettazione, costruzione, allestimento, manutenzione e gestione tecnica della nuova Unità Operativa di Dialisi». È inoltre «precisato che l’amministrazione ritiene possibile trasferire al privato il rischio di costruzione e almeno uno dei rischi di disponibilità o di domanda per qualificare l’operazione come off balance, secondo la decisione Eurostat dell’11 febbraio 2004». 

«Questi passaggi riportati testualmente nella delibera – scrivono Riga e Cantafora - dimostrano che non si tratta soltanto di costruire un edificio, ma di attivare una formula finanziaria e gestionale di lungo periodo, che comporta impegni economici pluriennali e vincoli contrattuali a carico dell’Asp». 

«Quando si parla di gestione tecnica, - scrivono ancora - non si fa riferimento all’attività sanitaria o clinica, ma a un insieme di funzioni operative indispensabili: la manutenzione degli impianti e delle apparecchiature, la sostituzione e il controllo dei dispositivi medici, la gestione dei sistemi idrici ed elettrici, la sanificazione e la manutenzione degli ambienti, fino alla gestione energetica del reparto».

Sempre secondo i due consiglieri «il soggetto privato avrebbe la responsabilità diretta della piena funzionalità della struttura, stabilendo tempi, modalità e costi di manutenzione e ricevendo in cambio un canone pluriennale dall’Asp. Tale canone servirebbe a coprire l’investimento iniziale del privato – comprensivo di progettazione, costruzione e attrezzature e a garantirgli un ritorno economico nel tempo».

Con questa scelta «il rischio per la sanità pubblica è duplice: da un lato economico, dall’altro operativo. L’Asp, infatti, sarebbe tenuta a pagare i canoni anche in caso di attività ridotta o di variazioni nei fabbisogni, per non alterare l’equilibrio economico del contratto. Inoltre, eventuali modifiche future come l’introduzione di nuove tecnologie o l’ampliamento dei servizi potrebbero richiedere rivedere l’accordo con ulteriori costi a carico dell’Azienda». 

C’è anche da chiarire che «la delibera non indica né il valore dell’investimento, né la durata del contratto, né l’importo dei canoni annuali. Si tratta quindi di un impegno pluriennale di cui non sono noti i costi reali, né l’impatto complessivo sul bilancio della sanità territoriale. Sostenere che «non vi sia alcuna privatizzazione» e che «si tratti solo di un intervento edilizio» significa, dunque, minimizzare la portata dell’atto». 

Se i due consiglieri comunali dovessero avere ragione ci troveremmo di fronte ad un tentativo di nascondere il progetto di privatizzazione denunciato dalla Cgil. Non sarebbe un comportamento molto lineare. L’Asp deve chiarire bene quali siano le proprie intenzioni, rispondendo alle osservazioni puntuali e circostanziate fatte dai due consiglieri comunali. 

Intanto la Cgil ha diffuso una nuova nota stampa con la quale viene chiesto al presidente della Conferenza provinciale dei sindaci, Vincenzo Voce, di intervenire sulla vicenda producendo «urgente opposizione e forte senso di contrarietà alla Deliberazione del commissario» in quanto rappresenta «un preoccupante passo verso la privatizzazione del San Giovanni di Dio".

«Le scriviamo con un forte senso di responsabilità - si legge nella missiva - e passi decisi, per esprimere la nostra assoluta contrarietà alla Deliberazione del Commissario Straordinario N. 524 del 07/11/2025, che segna un preoccupante passo verso la privatizzazione dei servizi sanitari presso l'ospedale "San Giovanni di Dio" di Crotone. È inaccettabile che la salute dei cittadini venga considerata un'opportunità di profitto per soggetti privati. Crotone non può permettersi di vedere ulteriormente compromesso il proprio già fragile sistema sanitario, che registra oltre il 50% di servizi privati. Questa situazione porta con sé disuguaglianze intollerabili, rischiando di escludere i più vulnerabili dalla cura e dall'assistenza necessaria. La salute deve rimanere un diritto fondamentale di tutti, non un affare per pochi». 

La Deliberazione 524/25 ignora, oltre la formale e dovuta informazione alla conferenza da lei presieduta, anche le elementari procedure di informazione e confronto previste dal Ccnl di settore, mostrando un disinteresse allarmante per i rappresentanti istituzionali, per i diritti dei lavoratori e per la qualità dei servizi offerti. 

«Abbiamo già intrapreso un percorso - annuncia Cgil - che, salvo ripensamenti di parte col ritiro della deliberazione in questione, ci porterà ad azioni legali per tutelare questi diritti e lo faremo con la determinazione necessaria. Non abbiamo intenzione di rimanere in silenzio. Per queste ragioni riteniamo sia necessario convocare con urgenza una conferenza dei sindaci per discutere questa grave situazione e elaborare una strategia unitaria per opporci a questa privatizzazione. E fondamentale che uniamo le nostre forze per garantire che la salute di Crotone resti nelle mani del pubblico e non venga svenduta». 

«La comunità di Crotone e della sua provincia - conclude Cgil - ha bisogno della sua leadership e del suo impegno. Ci aspettiamo una risposta pronta e l'organizzazione di questa conferenza, affinché possiamo insieme ribadire che la salute è una priorità collettiva. Ringraziandola per l'attenzione, rimaniamo a disposizione per discutere ulteriormente».

 

 


 

Levata di scudi contro il partenariato col privato per la nuova Dialisi